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Monaco spettacolo, tra campo e mercato: i gioielli di Jardim all’assalto di Fort Guardiola

21.02.2017 | 00:05

Un divorzio può cambiare la vita, di una coppia ma anche di una società di calcio. Ci riferiamo a quello di Dmitry Rybolovlev, il magnate russo che nel dicembre del 2011 acquisì il Monaco, affidando a Claudio Ranieri il compito di riportare il club del Principato in Ligue 1. Missione puntualmente compiuta dal tecnico testaccino che l’estate successiva, a mo’ di regalo promozione, si vide recapitare i signori Radamel Falcao, James Rodriguez, Joao Moutinho, Geoffrey Kondogbia (circa 150 milioni di soli cartellini), un giovanissimo Anthony Martial (preso per 5 milioni dal Lione, rivenduto a 50 più bonus allo United dopo due anni) e gli esperti Eric Abidal e Ricardo Carvalho a parametro zero. Il secondo posto alle spalle del Psg di Ibra e Cavani non bastò al patron, che a fine stagione diede il benservito all’attuale condottiero del Leicester per affidarsi a Leonardo Jardim, che bene aveva fatto al timone dello Sporting Lisbona. Con una novità sostanziale, però: basta spese folli sul mercato, tempo di stringere i cordoni della borsa per il buon Dmitry, condannato a versare la bellezza di 3,8 miliardi di euro all’ex moglie Elena. Originariamente la cifra più costosa mai sancita nella storia per un divorzio, poi ridotta in appello a “soli” 534 milioni.

Ad ogni modo, da quel momento, alle latitudini di Montecarlo, la filosofia è cambiata in maniera radicale ed è scoccata l’ora delle idee vincenti: investimenti mirati su calciatori di sicura prospettiva. Basta snocciolare i nomi di Bernardo Silva (classe 1994), Lemar (‘95) e Bakayoko (’94): poco più di 25 milioni per prelevarli (rispettivamente da Benfica, Caen e Rennes), a fronte dei circa 150 (perlomeno, stando alle valutazioni attuali) che dovrebbero entrare nelle casse sociali in caso di cessione. Per le ambizioni dei diretti interessati, s’intende. E che dire del fenomenale Mbappé, l’enfant prodige classe 1998 allevato nel settore giovanile – già accostato senza indugi a Thierry Henry – del quale sentiremo parlare per i prossimi 15 anni (metteteci la firma). Senza dimenticare i vari Mendy (‘94), Jemerson (‘92), Almamy Touré (’96), altro prodotto del vivaio quest’anno oscurato dall’ottimo  neo acquisto Sidibé (’92), e Boschilia (’96), promettentissimo e sfortunato trequartista argentino che recentemente ha riportato la rottura del crociato. Mentre Fabinho (’92), anche dopo la rivisitazione tattica targata Jardim, non ha certo bisogno di presentazioni. E il tecnico lusitano può anche sfoggiare all’occhiello la resurrezione calcistica di Radamel Falcao, riportato ad alti livelli dopo un paio di annate da dimenticare in Premier League (post-infortunio). El Tigre è uno dei senatori, anche in termini anagrafici, al pari dell’ex Toro Glik e degli italiani Raggi e De Sanctis (secondo di Subasic), il mix con i ragazzi terribili si sta rivelando letale per gli avversari. Questo Monaco, con una bassissima età media figlia di un progetto da applausi, in questo momento comanda la Ligue 1 con tre punti di vantaggio su Psg e Nizza; ha l’attacco più prolifico d’Europa, con 76 reti segnate in 26 partite di campionato; e stasera darà l’assalto a Fort Guardiola, in uno degli ottavi di Champions più intriganti. Il Manchester City, a proposito di mercato, è rimasto sempre ancorato alla sua, di filosofia, vedremo quali saranno i riscontri offerti dal rettangolo verde. Fermo restando che la priorità del sodalizio di Rybolovlev, a questo punto della stagione, è quello di riportare nel Principato quel titolo che manca dai tempi dei Trezeguet, Marco Simone, Prso, Barthez, Sagnol, Riise, Giuly, Lamouchi e Rafa Marquez. Ossia dal lontano 2000.

Jody Colletti

 

 

Foto: Twitter  Monaco