Monchi sull’addio al Siviglia: “Non l’ho fatto per soldi. Non potevo più dare il100%”

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In una conferenza stampa apposita Monchi mi ha spiegato le ragioni del suo addio al Siviglia: "Non è un normale addio. Voglio che sia una conferenza in cui posso dire perché me ne vado. Lo dirò per difendere la mia immagine e la mia integrità. Devo raccontare la mia versione. Nessuno osi utilizzare quello che dirò oggi come un'arma da lancio. Dopo 34 anni in questo club, penso di essermi guadagnato il diritto di farlo. Vorrei dedicare un secondo ai tifosi del Siviglia. Sicuramente, se non fossi stato un direttore sportivo, sarei stato un ultra del Gol Norte -i tifosi più accaniti della compagine andalusiana-. Voglio difendere che non volevo lasciare il Siviglia. Vado per rispetto del Siviglia e non per soldi. Vorrei che fosse  tutto un incubo e che fossi qui per presentare un giocatore. Conservo l'amore di tutti. Quando è finita la finale di Budapest ho ricevuto centinaia di messaggi, e ne ho ricevuti molti di più da quando è stato annunciato che me ne andavo.  Se non sono  al 100%, allora non sono Monchi. E allora preferisco non esserlo . Quando ho finito a Roma, ho avuto un'offerta dall'Arsenal per vincere il triplete. Quando José Castro mi ha richiamato per il Siviglia, ero l'uomo più felice del mondo. Ma se parto adesso, non è per caso. Ho combattuto fino all'ultimo momento. Fino a mercoledì ero convinto di poter restare. Ma non poteva essere. La decisione di partire è mia. È la più giusta. Nessuno mi ha detto di andarmene.  L'Aston Villa è un progetto che sta crescendo, che può essere importante per strappare un posto ai vertici della Premier, e soprattutto perché c'è Unai Emery, che mi ha incoraggiato ad andare. Non sono io a comandare al Siviglia. E se ci sono cambiamenti, quando li ho percepiti ho creduto che questi cambiamenti avrebbero influenzato la mia performance. Per questo decido di farmi da parte. Ci sono stati una serie di eventi che mi hanno fatto pensare che non sarei stato così utile come posso esserlo. Devo essere un riferimento. Da quando sono arrivato nel 2000, mi sono preso cura di tutto. E io credo in quel Monchi. E se non sono più il riferimento, non sono più quello che voglio essere. E capisco che ci sono persone che mi dicono che mi dedico a ingaggiare giocatori. La cosa più comoda, ma anche la più ingiusta, sarebbe restare". Foto: twitter siviglia