L'enigma è inevitabile. Può servire a qualcosa mandar via un allenatore a fine novembre, con la classifica ormai compromessa e il quarto posto lontanissimo? Può servire se ti chiami Milan e non hai una dignità di gioco, anzi il tuo allenatore continua a collezionare alibi senza che l'intervistatore di turno lo metta minimamente in difficoltà. Montella non si è mai messo in discussione, al massimo un sorriso in più come se tutto gli fosse dovuto. Il Milan non poteva più accettare tutto, sarebbe stato come foderarsi gli occhi di prosciutto rispetto all'evidenza dei fatti. Quel sostegno degli ultimi giorni della società era di facciata, lo dicono i fatti. E le parole di insoddisfazione di Fassone, dopo il tonfo in casa della Samp, erano il termometro preciso della situazione. Tutto il resto circostanza, frasi fatte, nulla di più. E quegli insopportabili sorrisi di Montella dopo prestazioni anonime, mediocri, senza un minimo di sangue, sembravano quasi una provocazione ulteriore. Della serie "come fai a sopportare tutto questo, quando decidi di mandarlo via?". Il Milan mai aveva completamente digerito la scelta di ripartire da Montella, lo ha fatto per inerzia, rinviando il prolungamento di contratto fino a quando non è stato più possibile rinviare. Se il Milan non avesse avuto timore di effetti ambientali difficili da controllare, avrebbe preso Roberto Mancini esattamente come in futuro cercherà di agganciare Antonio Conte (ma ora sarebbe ingeneroso, oltre che prematuro, approfondire). Ma prendere Mancini sarebbe stato un percorso troppo difficile da spiegare, l'idea forte era comunque questa per il grande rapporto con l'attuale tecnico dello Zenit. Un grave errore quello, perché non si conferma un allenatore se, belle parole a parte, non si è troppo convinti di farlo. Un peccato originale, abbastanza grave, che il Milan ha pagato con un encefalogramma piatto dal punto di vista tattico. E con una squadra rassegnata alla mediocrità, senza la minima scossa e vittima di una insopportabile routine. Il Milan è il Milan, sempre. E non riuscivamo a capire come si potessero attraversare settimane su settimane senza la minima decisione, anzi con un sostegno che soltanto di facciata poteva essere. Ma cascata la facciata emergono tutte le altre cose, come se fossero stati spesi e sprecati mesi alla ricerca di progressi mai emersi. Neanche in parte. Vincenzo è quel classico allenatore che quando nessuno gli chiede non ci sono problemi. Ma quando gli chiedono e deve fare di più ecco che nascono intoppi su intoppi. Montagne invalicabili. Cosa può cambiare con Gattuso ora? Di sicuro non ci saranno gli alibi che aveva collezionato Montella, in quantità industriale. Era sempre colpa degli altri, mai la sua. La presenza di Ringhio ripristinerà almeno un po' di sano furore agonistico, evitando quell’assuefazione alla sconfitta che nessun club - a maggior ragione il Milan - può permettersi. Il resto lo vedremo e lo capiremo: siamo ormai a dicembre, eppure sembra fine aprile quando sei circondato da una stagione nata male e finita peggio. Ora invece l'estate è lontana pochi mesi, l'esaltazione rossonera anche. Quel peccato originale chiamato Montella non sarà stato l'unico motivo del naufragio, ma quello più importante sì. E i peccati originali, quando fai una cosa con poca convinzione, si pagano. Anche (e soprattutto) nel calcio.