Mou: “La vittoria il mio habitat naturale. Futuro? Voglio una squadra come l’Inter del Triplete e recentemente…”
José Mourinho, ormai ex allenatore del
Manchester United, ha rilasciato una lunga intervista sulle pagine del
Telegraph:
"Questa è la prima volta nella mia vita in cui non vinco per 18 mesi, altri allenatori non vincono trofei per 18 anni. La gente dice che impari di più da una sconfitta, e forse c'è del vero, ma sento che il mio habitat naturale è la vittoria. Nuova avventura? Sento che sta arrivando perché recentemente ho rifiutato un'offerta, economicamente molto vantaggiosa. La mia prossima squadra dovrà avere grande empatia. Voglio lavorare con le persone che amo, persone con cui voglio lavorare, con cui sono felice di lavorare e che condividono le stesse idee. L'identikit? L'Inter. A Milano avevo tutto questo, esistono squadre così. Ho avuto tempo per pensare, provare a capire e cercare di essere più pronto per il prossimo futuro. Il mio ambiente? Non so se la traduzione dal portoghese sia perfetta, ma voglio focalizzarmi su due parole chiave: struttura e empatia. In futuro voglio lavorare in un club in cui ci sia una struttura in atto e non in un posto in cui ci siano conflitti interni e diversità di vedute. Spesso si sente dire che a un determinato allenatore non piaccia lavorare con quel direttore sportivo, o con quel capo scout, o ancora col proprietario o col presidente. La verità è che durante la mia carriera ho lavorato in tutte le circostanze possibili, e le situazioni dove poi c'è stato successo non sono dovute alla struttura presente nel club, ma all'empatia che si crea all'interno di quella struttura. La cosa fondamentale è che ci siano persone che lavorino bene insieme e condividano lo stesso tipo di idee. Ora siamo difronte ad una generazione di calciatori che non sono più solo calciatori, ma hanno dietro un intero pacchetto, quello composto dalla famiglia, dall'agente, dall'entourage, dal direttore della comunicazione. A volte hanno persino un proprio personal trainer: quando lavori con un giocatore hai tutte queste distrazioni. E se non c'è empatia nella struttura del club si cade in così tante contraddizioni che rendono davvero difficile lavorare. Anche un club non pronto immediatamente per vincere trofei, ma con l'ambizione di vincerli nel futuro. Non andrei in in club senza ambizione. Ho rifiutato un'offerta (economicamente, ndr) molto importante perché voglio un calcio di alto livello e di grandi ambizioni. Ma questo è solo il mio secondo requisito, il primo è l'empatia strutturale. Voglio lavorare con le persone che amo, non essere in una contraddizione continua e in un club pieno di conflitti interni". Foto: Marca