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Napoli-Juve in salsa amarcord, con le magie di Diego e Alex

30.11.2017 | 23:55

Cresce l’attesa per Napoli-Juventus, il big match tra le due principali candidate al tricolore con i padroni di casa che si presentano all’appuntamento con 4 punti di vantaggio. In attesa che si accendano i riflettori del San Paolo, variamo una mini operazione nostalgia e andiamo indietro nel tempo per rispolverare due partite rimaste ben impresse nell’immaginario collettivo, tra quelle di campionato disputatesi a Fuorigrotta.

Partiamo dal 25 marzo del 1990, quintultima giornata. I partenopei duellano punto a punto con il Milan per lo scudetto, i bianconeri sono più staccati in classifica e solo con una vittoria potrebbero provare a rientrare nel giro. Bigon è senza Alemao, che nel turno successivo sarà suo malgrado fondamentale per la famosissima monetina di Bergamo, con allegato 0-2 a tavolino, Zoff invece è orfano di Pasquale Bruno, all’interno di una rosa tutt’altro che entusiasmante ma che riuscirà comunque a vincere Coppa Uefa e Coppa Italia soprattutto sulle ali di Totò Schillaci, che di lì a poco sarebbe diventato l’uomo simbolo di un Paese intero. La differenza la fa il giocatore più forte, in campo quel pomeriggio e al mondo in generale. Maradona prima la sblocca al 13’ con un sinistro arcuato sul quale Tacconi nemmeno si tuffa, poi un quarto d’ora più tardi, disegna su punizione una parabola delle sue sul palo lungo. Uno-due mortifero, il San Paolo viene giù due volte e rende omaggio al suo re. I bianconeri nel primo tempo si fanno vedere un paio di volte dalle parti del compianto Giuliani, bravo a sventare le minacce, ma poi costretto – al 16’ della ripresa – a raccogliere la palla in fondo al sacco dopo il rigore realizzato da Gigi De Agostini. Gli azzurri sfiorano il tris di testa con Marco Baroni, subentrato a Renica, ma il baffuto portiere ospite devia in corner con un colpo di reni. Il definitivo 3-1 arriva sugli sviluppi di un calcio d’angolo, calciato da Diego e apparecchiato di tacco da Careca per il tap-in mischia di Francini. Cala il sipario, El Pibe lascia il campo all’ex Massimo Mauro, si prende la standing ovation e rientra negli spogliatoi senza scarpe a partita ancora in corso, nel finale ci sarà tempo anche per un palo dello stesso Careca. Un successo essenziale per il Napoli, che resta incollati al Milan per poi mettere definitivamente la freccia scudetto al penultimo turno grazie alla seconda fatal Verona, quella griffata Pellegrini con le quattro espulsioni eccellenti di Lo Bello junior.

Adesso proiettiamoci idealmente al 18 settembre del 1994, terza giornata del girone d’andata. A Torino è cambiato tutto: dopo otto anni senza scudetti, Umberto Agnelli ha ereditato il timone dal fratello Gianni, affidandosi alla triade Bettega-Giraudo-Moggi che proprio a Napoli è andata a prendere l’allenatore del nuovo corso, senza sapere che avrebbe riscritto la storia: Marcello Lippi, che dalle falde del Vesuvio si è portato in dote Ciro Ferrara, al primo ritorno da avversario in quella che era sempre stata la sua casa. Dall’altra parte dalla barricata, la squadra campana – con un giovanissimo Fabio Cannavaro al centro della difesa – nulla ha a che vedere con quella dell’era maradoniana, il tecnico Vincenzo Guerini non può contare su Boghossian, Cruz, Tarantino e Bordin, tra i bianconeri mancano invece Paulo Sousa, Deschamps e quel Roberto Baggio che, proprio nella notte del San Paolo, inizia ad intuire che il passaggio di consegne della sua numero 10 è già stato pianificato dal destino. A sbloccare il risultato al 32’ è Penna Bianca Ravanelli, lesto – su una punizione dalla trequarti – ad approfittare di testa della dormita collettiva della retroguardia, compreso l’incerto Taglialatela. I padroni di casa abbozzano un tentativo di reazione, ma Il Condor Agostini, Benny Carbone e Rincon in avanti non riescono a pungere, tanto che il più pericoloso nel primo tempo è Policano con le sue incursioni sulla sinistra. Madama nella ripresa fa le prove del raddoppio con Antonio Conte, liberato al tiro da fuori da uno splendido tacco no look di Vialli. Ma è solo questione di tempo: il 2-0, dopo le temibili conclusioni dalla distanza di Cannavaro e Rincon, arriva al minuto 72 con il diciannovenne Alessandro Del Piero, che dal limite mette la palla là dove il portiere proprio non può arrivare, calciando a giro sul secondo palo per quello che sarebbe diventato il suo inconfondibile marchio di fabbrica. Nel finale doppia occasione per Vialli e Ravanelli, che si divorano il terzo gol in una manciata di secondi, ma al triplice fischio di Collina la Signora può festeggiare la terza vittoria su tre: solo l’inizio della cavalcata trionfale che porterà la Juve a conquistare il suo 23° scudetto e, da lì, in poi tutto il vincibile in Italia, Europa e nel mondo.

Jody Colletti

Foto: Pinterest AF’s Maradona – sito ufficiale Del Piero