NELLE VENE SANGUE ROSSONERO: RINO GATTUSO, IL PRIMO AMORE NON SI SCORDA MAI
Il nuovo
Milan sta facendo le cose per bene. Ad un mese e mezzo dal famigerato closing, che ha segnato l’uscita di scena di
Berlusconi e
Galliani, in tanti sono stati già costretti a ricredersi. E così, come per magia, il pessimismo cosmico di alcuni si è tramutato in entusiasmo, ritrovato. Merito della nuova proprietà cinese, ma soprattutto dei piloti cui i due Li hanno deciso di affidare la macchina rossonera, Marco Fassone e Massimiliano Mirabelli. Alcune delle principali manovre di mercato, tra operazioni definite e impostate, le abbiamo già ben memorizzate. Vanno messi gli uomini giusti al posto giusto, il discorso vale per i calciatori ma anche per altri profili. E per il nuovo corso della
Primavera, all’interno di una tradizione nobilissima in materia di settore giovanile, la scelta è ricaduta su
Rino Gattuso, inevitabilmente oggetto del nostro approfondimento quotidiano all’indomani dell’ufficialità, con allegata presentazione alla stampa. Soltanto lui, dopo quattro esperienze alla guida di prime squadre, poteva accettare quello che formalmente può apparire come un ridimensionamento. Ma
Ringhio ha puntualizzato subito:
“Non lo avrei fatto per nessun’altra squadra, ma il Milan è il Milan”. Una scelta all’insegna dell’amore viscerale per quei colori che, da calciatore, gli hanno visto vincere tutto: uno degli emblemi del favoloso ciclo
ancelottiano, il cuore sempre oltre l’ostacolo, grinta e temperamento per colmare il gap tecnico che lo separava dai principeschi compagni di reparto
Pirlo,
Seedorf e
Kakà, con il brasiliano posizionato poco più avanti. Tre artisti dai piedi buoni supportati dalla garra di
Gattuso, che faceva per sé e per gli altri, assolutamente fondamentale per gli equilibri tattici. Aveva
“una decina di offerte”, compresa una faraonica proveniente dalla Turchia, ma alla fine ha scelto con il cuore (rossonero). “
Non è un passo indietro. Ho ricevuto parecchie telefonate, qualcuno mi ha anche dato dello scemo, ma io sono convinto della scelta, sono reduce da anni duri e adesso voglio pensare solo al campo. La società mi ha voluto fortemente, il direttore Mirabelli mi ha marcato uomo, sembrava Franco Baresi”. Qualcuno ha ipotizzato che la sua figura - ai primi eventuali spifferi - possa essere d’ingombro a
Montella, ma
Rino ha liquidato la questione così:
“In Italia facciamo sempre i funerali in anticipo. Io voglio che questa squadra vinca tutto con Vincenzo, al quale auguro il meglio. Io voglio solo allenare la Primavera e non ho altro per la testa, non sarei pronto per allenare la prima squadra”. Un bagno d’umiltà giustificato anche con l’evidenziazione di un dato: “
Montella è molto preparato, mi piace la sua tipologia di gioco che rispetto alla mia ha qualcosa in più. In questi anni a livello difensivo le mie squadre hanno sempre sofferto poco, mentre negli ultimi 20 metri è sempre mancato qualcosa, anche per questo sarà un orgoglio lavorare con lui”. Insomma,
“il Milan ai milanisti” sì, ma con il chiaro rispetto dei ruoli, anche perché i tre freschi precedenti dell’ultima gestione Berlusconi (
Seedorf, Inzaghi e
Brocchi) insegnano che la tempistica, nelle scelte, è fondamentale. La carriera da mister di
Gattuso si sviluppa a partire dalla stagione 2012-13, la sua ultima con le scarpette ai piedi, quando per un mese al
Sion assume le doppie vesti di allenatore-giocatore. A seguire la breve parentesi in
B a
Palermo, in rosanero è durato 6 giornate di campionato (in pieno stile
Zamparini) prima di lasciare spazio a
Iachini. Quindi i sei mesi all’
Ofi Creta, ai tempi della nerissima crisi greca del 2014, con
Rino a rimetterci anche di tasca nel pagare alcune spese a carico della società ellenica. Scenario più o meno simile a quello vissuto a
Pisa nella prima parte di questa stagione: dopo la splendida promozione dello scorso anno, i primi 5 mesi passati nel marasma più totale. Poi, quando la situazione societaria si è sistemata con l’avvento di
Corrado, il quasi paradossale crollo in campionato che ha portato alla retrocessione diretta. Quanto all’epopea da giocatore,
Gennaro Ivan da
Corigliano Calabro, la cittadina in provincia di Cosenza che gli diede i natali il 9 gennaio del 1978, la storia l’ha scritta in modo indelebile.
Perugia,
Rangers Glasgow,
Salernitana e
Milan le squadre di cui ha difeso i colori, prima di chiudere come detto in Svizzera. In rossonero un’avventura lunga 13 anni per l’ex centrocampista, in bacheca
2 Champions League, 2 Supercoppe Uefa, 1 Mondiale per club, 2 scudetti, 2 Supercoppe italiane e
1 Coppa Italia; 586 le gare ufficiali a livello di club, con 17 gol all’attivo, 73 invece le presenze in Nazionale maggiore impreziosite da 1 rete e, chiaramente, dalla
Coppa del Mondo levata al cielo di Berlino il 9 luglio 2006. Una svolta amarcord accolta assolutamente con favore dai tifosi, anche se a suo dire “
’entusiasmo bisogna averlo per i giocatori nuovi che arriveranno, sta nascendo una squadra forte”. Ma i supporters del Diavolo non potevano reagire diversamente, consci che il ritorno di
Ringhio potrebbe iniettare un bel po’ di mentalità vincente nella grande famiglia rossonera.
“E’ più facile fare il calciatore che l’allenatore, io sono un martello e stresso tutti, avrò il dovere di fare crescere i ragazzi e dare alla società un prodotto finito. Mi auguro di non vedere la superficialità che a volte si vede in giro, non mi piace la gente che cazzeggia. Giocare a calcio è un privilegio, ricordiamocelo sempre”. Ecco, questo spaccato della conferenza di ieri rappresenta probabilmente il manifesto di
Gattuso. La sua Primavera giocherà grossomodo come la prima squadra: linea difensiva a quattro e centrocampo a tre, del resto, fanno già parte integrante del credo di
Rino, che riparte da Milanello con la viva convinzione di poter contribuire alla ricostruzione di un grande
Milan. Foto: Twitter Milan