NIKICA JELAVIC, IL DESTINO IN UN GOL
02.01.2015 | 11:41
Il destino a volte è beffardo. Soprattutto nel calcio. A gennaio 2014 è Roberto Martinez, allenatore dell’Everton più competitivo e meglio messo in classifica degli ultimi anni, a dare il benservito a Nikica Jelavic, attaccante croato a digiuno di gol e di fiducia. Via a titolo definitivo, destinazione provincia: Hull. A gennaio 2015, invece, Jelavic il gol l’ha ritrovato e con continuità. Anzi, potrebbe essere proprio la sua gemma – pallonetto di rara precisione – a dare l’ultima spallata alla traballante posizione di Martinez, che oggi naviga in cattive, cattivissime acque. Scherzi del destino. Forse una semplice coincidenza. Eppure la storia di Jelavic fa riflettere, perché quando manca la fiducia, soprattutto per un attaccante, la porta si restringe, diventa un canestro da basket, anzi ancora più piccola. Era all’apice della carriera Jelavic, idolo di Goodison Park. Lo aveva voluto Moyes nel 2012, quando era “scappato” dai Rangers avvolti dalla terribile crisi finanziaria che di lì a pochi mesi avrebbe portato alla bancarotta. In precedenza aveva girato l’Europa facendo ovunque la cosa che gli è sempre riuscita meglio: segnare. Cresciuto nell’Hajduk, ha giocato in Belgio (Waregem, 2007-08), Austria (Rapid Vienna, dal 2008 al 2011) e Scozia, prima di sbarcare in Premier League a 27 anni, all’apice della maturazione tecnica e agonistica. Nazionale croato, ha retto alla grande all’impatto col calcio inglese: 16 gol in un anno e mezzo. Andava tutto bene con Moyes, tutto. Anche quando non segnava – nella seconda stagione ha realizzato 7 gol in 37 partite, meno di quanti ne aveva messi a segno nelle 13 partite giocate nella prima: 9 – era una presenza fissa nell’undici di partenza dell’Everton. Un elemento imprescindibile. Per i movimenti, le sponde, l’abilità tecnica e nel gioco aereo (è alto 187 centimetri), unita ad un insospettabile dinamismo. Con Martinez, invece, non ha mai ingranato. Il cambio di modulo, i nuovi movimenti, la necessità di dover ripiegare, di sacrificarsi ulteriormente, ma soprattutto la concorrenza portata in casa dal nuovo allenatore – il pupillo Konè, oltre a Lukaku e al catalano Deulofeu – lo avevano immalinconito. L’anno scorso, di questi tempi, la rottura definitiva. A Goodison Park arriva Lacina Traoré in prestito dal Monaco, Jelavic diventa davvero di troppo. Si fa avanti l’Hull City, Martinez dà l’ok. E lo dà anche Jelavic. “Voglio giocare il Mondiale”, fa sapere il giorno dell’annuncio. E ci riesce. Prima salva i ‘Tigers’ (quattro gol pesanti in 16 presenze), poi sbarca in Brasile dove propizia pure il gol del momentaneo vantaggio della Croazia contro i padroni di casa nella partita inaugurale a San Paolo. Quindi, dopo qualche mese, ritrova Martinez e lo castiga. È davvero cambiato il destino in un anno. Per Jelavic di sicuro. Forse, anche per Martinez.