PAOLO IL CALDO
12.10.2016 | 23:59
Premessa: auguriamo a Paolo Maldini di trovare una soluzione che possa consentirgli di avere una grande carriera da dirigente. Con la visibilità che vuole, pur non avendo fatto un minimo percorso in un club vero. Studiare da amministratore delegato è bello, da direttore sportivo anche, pretendere di diventarlo un po’ meno. Una cosa va chiarita, senza pensarci troppo: nessuno mette in discussione la strepitosa carriera di Maldini in rossonero, potrebbe farlo soltanto un kamikaze o un pazzo scatenato. Il problema è un altro: siamo convinti che una carriera sfavillante da calciatore possa essere automaticamente il tagliando per diventare dirigente, saltando le varie tappe? Noi pensiamo di no. E lo diciamo malgrado un Paese, il nostro, che molto spesso ignora quel controllo che ci vorrebbe. Senza soprattutto quel minimo di apprendistato necessario.
Paolo il caldo è liberissimo di dire no, ci mancherebbe. Ma noi siamo liberi di aggiungere che al posto suo avremmo accettato, semplicemente perché finendo dentro il suo Milan avrebbe potuto dimostrare tutte le sue qualità. Non per forza da un posto di assoluto comando. In questo modo avrebbe anche spazzato via le cassandre già pronte a sostenere come il problema sia il carattere di Maldini: prima nessun legame con Galliani, poi la rottura e le pretese nei dialoghi con la nuova proprietà. Per caso Paolo il caldo è diventato più caldo del solito, forse le sue richieste sono inammissibili e inaccettabili al punto da aver avuto sempre la porta chiusa? Bella domanda. Aggiunge il saggio: se i problemi sono esistiti con Galliani, e su questo non ci sono dubbi, ma Berlusconi non ha mosso un dito per provare a risolverli, significa che la montagna era abbastanza complicata da scalare. E che, per accogliere uno dei più grandi interpreti di fascia di tutti i tempi, sarebbe stato necessario accettare alcune condizioni che non possono appartenere a un club quando decide in piena autonomia.
Maldini è libero di fare ciò che ritiene della sua vita calcistica, ci mancherebbe. E merita un futuro almeno al 70 per cento, come soddisfazioni, rispetto a quelle che si è tolto da calciatore. Ma fossimo stati in lui avremmo evitato alcuni passaggi. Il primo: quando ha scritto che “non credo ci fossero le premesse per un team vincente”. Può essere interpretato in mille modi, ma in almeno 990 casi non va considerato un passaggio elegante. I cinesi gli hanno risposto senza alimentare polemiche, avrebbero potuto mandargli questo messaggio “dove sta scritto che un grande campione, ma dirigente senza la minima esperienza, avrebbe potuto consentirci di svoltare con le sue decisioni esclusive?”. Qualche volta è meglio mordersi la lingua, piuttosto che spargere veleno nei riguardi di un gruppo che deve ancora insediarsi e che, giustamente, andrà giudicato in base ai fatti e non alle chiacchiere. Come può permettersi Maldini di dire che il progetto non è vincente se lui, da quando ha smesso, non ha lasciato la benché minima traccia in qualsiasi stanza dei bottoni semplicemente perché nessuno lo ha convocato per affidargli simile patata bollente?
Un’ultima cosa. Paolo il caldo è libero di scegliere qualsiasi mezzo per lanciare il suo pensiero sulla vicenda. Ma, ormai all’alba del 2017, sganciare un lenzuolo su Facebook è una scelta errata per tantissimi motivi. Il più importante: non dai la possibilità a chiunque di porre una domanda, la più banale o la più intelligente. Una conferenza stampa all’interno di una location elegante sarebbe stato un passaggio fondamentale, di gran classe. Tanti anni di luminosa carriera avrebbero dovuto insegnare a Maldini che il sano confronto, senza prevenzioni o preclusioni, vale più di un freddo comunicato. Ci pensi, la prossima volta. E nel frattempo l’augurio di una luminosa carriera da dirigente: al Milan non era certo una prescrizione medica, soprattutto se le condizioni erano quelle citate. Da un’altra parte chissà, siamo curiosi anche noi.
Foto: Twitter Athletic Bilbao