PAULO SOUSA, IL GIRAMONDO DELLA PANCHINA VEDE VIOLA
11.06.2015 | 12:16
Un giramondo. Prima come calciatore, poi da allenatore. Come tanti, nel mondo del calcio. Ed ora si prepara allo sbarco in Italia. Anzi, meglio dire al ritorno in Italia. Perché Paulo Sousa, ormai prossimo a sedere sulla panchina della Fiorentina, conosce molto bene il nostro Paese e il nostro calcio.
Lo ricordano bene i tifosi della Juventus, dell’Inter e del Parma. Anche perché è stato sempre protagonista, infortuni a parte. Con la Vecchia Signora ha giocato due anni, dal 1994 al 1996, sfruttando uno dei periodi migliori – calcisticamente parlando – della Torino bianconera. Uno scudetto (’94-’95), una Coppa Italia (stessa stagione), una Supercoppa Italiana e il suggello della Champions League vinta a Roma nel 1996, la seconda in assoluto della storia della Juventus. 54 presenze totali, un biennio da favola per il lusitano nato e cresciuto nel Benfica (prima) e nello Sporting Lisbona (poi).
Paulo Sousa era un centrocampista di ottima tecnica e personalità, con un grande senso della geometria e un bel lancio. Un giocatore abile sia nella fase difensiva che in quella propositiva. Un antesignano del centrocampista tuttofare moderno. C’è chi, all’epoca, lo paragonava addirittura ad un mostro sacro come Paulo Roberto Falcao. E la Juventus, che di grandi calciatori se ne intende, ne aveva colto subito l’opportunità, prelevandolo dallo Sporting Lisbona per 10 miliardi di lire.
Finiti i due anni in bianconero, il lusitano giramondo si è trasferito in Germania, al Borussia Dortmund. Ed anche qui, tra il 1996 e il 1998, ha trovato il tempo di arricchire il suo palmarès con un’altra Coppa dei Campioni, destino ha voluto proprio contro la sua ex Juventus. C’è proprio l’Italia, è il caso dire, nel destino di Paulo Sousa. Nel gennaio del 1998 si è trasferito all’Inter e vi è restato per due anni, vincendo il primo trofeo dell’era Moratti in nerazzurro, ovvero quella Coppa Uefa strappata alla Lazio nella finale tutta italiana di Parigi. Agli albori del nuovo millennio, ecco il passaggio al Parma, poi Panathinaikos ed Espanyol.
Da incorniciare anche i suoi passaggi in Nazionale, dove ha vinto un Mondiale Under 20 nel 1989 e dove ha collezionato importanti presenze (51, per la precisione) in quella maggiore, disputando Europei e Mondiali.
Appese le scarpette al chiodo, nel 2008 ha iniziato la sua carriera da allenatore. Giramondo. Il primo a credere in lui è stato Flavio Briatore, ai tempi in cui era proprietario del Queen’s Park Rangers. Non proprio un’esperienza esaltante, per iniziare: esonerato dopo 26 partite, e solo 7 vittorie. Poi, ancora Inghilterra. Prima allo Swansea (in Championship) poi al Leicester. Nel 2011, ha lasciato l’Oltremanica per arricchire la sua esperienza in Ungheria. Il viaggio del giramondo continua. Ecco il contratto con il Videoton, club scudettato in carica, con il quale è riuscito a vincere due Supercoppe d’Ungheria e una Coppa di Lega, tra il 2011 e il 2012. Nel 2013, l’abbandono per motivi familiari e l’approdo in Israele, al Maccabi Tel Aviv. Qui ha vinto il primo campionato della sua storia, nel 2013/2014. Vittoria che aveva convinto il Basilea a puntare su di lui e con il quale, il 28 maggio del 2014, aveva firmato un contratto triennale. Anche in Svizzera, così come in Israele, titolo al primo tentativo (il sesto consecutivo per il club) e ottime prestazioni in Champions League.
Ora, per Paulo Sousa, la grande occasione di dimostrare il suo talento in Italia. Da calciatore lo abbiamo già ammirato. Da tecnico avrà tanto da dimostrare. Buona fortuna, Giramondo.
Foto: uefa.com