Pavoletti: “Ci avevano fatto il funerale. Con il Milan per chiudere il discorso salvezza”
Leonardo Pavoletti ha parlato a
Radiolina del momento del Cagliari, della lotta salvezza e della sua stagione. Queste le sue parole: "
Diciamo che ci avevano fatto veramente il funerale. Non voglio dire ingiustamente, ce la siamo cercata tante volte. Però, nel momento critico, ci sono due cose da fare: o scappi e sfracelli una squadra, o fai l’uomo e rimani a combattere. Noi, per fortuna, abbiamo scelto la seconda e stiamo facendo cose incredibili. Sono veramente fiero della squadra: abbiamo riunito uomini, non calciatori. Certe partite le vinci con gli uomini, non è più la tecnica o altro: è il cuore che ti unisce al compagno. Se facciamo questa salvezza, che ci crediamo, saremo fratelli per tutta la vita perché è un’impresa che credo pochissime squadre abbiano fatto nella storia". La partita con la Fiorentina? "Dovevamo vincere. Tanti parlano di biscotto e mi fa malissimo, perché a noi un punto serviva a poco. Sì, ci aumenta la possibilità della salvezza, ma noi volevamo vincere". L'arrivo di Semplici in panchina? "È sempre importante avere la fiducia, soprattutto quella che mi era stata tolta nella prima parte della stagione era quella umana nello spogliatoio. Sapete quanto tengo al Cagliari, quanto tengo a quello spogliatoio. Quando ti iniziano a fare fuori, soprattutto umanamente, poi anche il calciatore Pavoletti fa fatica. Il mister è arrivato qui, la prima cosa che mi ha detto è che per lui ero importante e che mi voleva ributtare dentro al progetto. Solo quello mi ha dato una boccata d’ossigeno. Mi ha ridato quello che mi mancava dopo un anno difficile, per il lungo infortunio, e sei mesi dove entravo per cinque minuti. Mi è servita una parola per farmi risentire dentro al progetto: quello mi è bastato. Poi il mister ha fatto scelte giuste, instaurato un buon rapporto con tutta la squadra. I risultati non sono un caso, nel bene e nel male derivano da tanti fattori e l’allenatore è importante". Il mio attaccamento al Cagliari? "È naturale, qui chiunque viene si innamora di questa terra. Poi ognuno ha il suo tenore di vita, ma nessuno può parlare male di questa terra, di questa città e di questa squadra. E pure della società, che vedo con margini di miglioramento e progettuali devastanti. Come si fa a non voler giocare nel Cagliari? Da qui in avanti, se non sbagliamo le scelte, il Cagliari diventerà una realtà sempre più prestigiosa. Io ne voglio far parte, e questo mi faceva male. Ho comprato casa a Cagliari, ma viste le mie condizioni dei primi sei mesi qualche pensiero l’ho fatto, sono sincero. Io, a trentadue anni, non mi posso permettere di giocare cinque minuti a partita. Vero che potrei stare in panchina, però devo anche essere messo nelle condizioni di potermela giocare. Dico la verità: ci sono state delle voci di mercato, più o meno vere, dove il discorso era andato un po’ avanti. Poi per fortuna è andata come volevo". I problemi con Di Francesco? "Il problema era che stava passando il messaggio che Pavoletti non giocava perché non stava bene. Io non me lo perdonavo, perché stavo benissimo. A parte il primo mese, dove era comprensibile, ma nessuno aveva detto che dovevo giocare. Sapevo di dover aspettare il mio momento, ma poi fisicamente quando in allenamento dimostravo di esserci volevo essere preso in considerazione. Però mi sembrava che non ci fosse questa voglia di mettere Pavoletti al pari degli altri. Nella mia carriera mi spolvero le spalle quando esulto per quello, perché non mi ha mai regalato niente nessuno". La prossima col Milan? "Noi ora ce le godiamo tutte le partite. Il Milan starà benissimo, hanno anche loro un obiettivo. Ma noi abbiamo dimostrato che ci siamo: con quell’atteggiamento lì anche il Milan si renderà conto che incontrare il Cagliari ora non è bello. Poi il calcio va come deve andare, però siamo sicuri che faremo una grande prestazione. Vogliamo chiudere la pratica già domenica". Foto: Twitter Cagliari