PAZZO PER IL MILAN
29.04.2013 | 10:39
Milan – Genoa a Marassi. Portanuova entra duro su Giampaolo Pazzini. Botta forte, tanto dolore. Il Pazzo zoppica vistosamente e accompagna come può l’azione successiva. Dalla panchina si è già alzato qualcuno per sostituirlo. Pazzini lo vede e stringe i denti. Il Milan attacca, c’è una palla che arriva verso il limite dalla destra, il Pazzo è praticamente immobile sul piede destro, l’altro fa troppo male. Eppure Giampaolo Pazzini, nato a Pescia il 2 agosto 1984, fa uno scatto improvviso verso la palla e lascia partire un fulmine che si insacca sotto al sette della porta avversaria. Frey si protende ma non può fare nulla. Subito dopo il gol l’attaccante esce dal campo. Ecco, in quel gol, c’è tutto Pazzini: fisico, forza e fiuto del gol. Un fiuto che lo ha sempre contraddistinto, fin da quado giocava nel Montecatini. Lì viene notato da quel serbatoio infinito di talento che è l’Atalanta, che lo porta a Bergamo e lo fa crescere nelle sue giovanili insieme ad un altro milanista d’oggi: Riccardo Montolivo. Il suo allenatore è Prandelli, che in lui vede le qualità necessarie per essere un bomber. A Bergamo lo paragonano ad un mostro sacro come Marco Van Basten. Ma Giampaolo non è come Van Basten. L’olandese è un cigno, il Pazzo è come uno stukas, sempre pronto ad andare in picchiata verso la porta avversaria, sempre pronto ad attaccare l’area di rigore. Perchè Pazzini è un uomo d’area e anche se acerbo già si vede. Conquista la prima squadra a suon di gol e fa il suo debutto all’Atleti Azzurri d’Italia nel campionato di serie B 2003-2004. Alla fine di quella stagione l’Atalanta ritorna in A e di lui si inizia a parlare come un giovane che farà strada. L’anno successivo debutta in Serie A, sempre con la maglia degli orobici, ma la vestirà ancora per poco, per la precisione per 12 match (in cui segna anche 3 gol). Il suo ex allenatore nelle giovanili, Cesare Prandelli, lo rivuole con sé. Questa volta a Firenze, dove arriva a gennaio, pagato 6,5 milioni di euro. In quella metà di campionato, giocata con i gigliati, farà 3 gol in 14 presenze, uno contro i “nemici” della Juventus. In quella Fiorentina però gli spazi sono pochi. C’è un certo Luca Toni che trasforma qualunque pallone gli capiti tra i piedi in gol, lì davanti. Pazzini è giovane e si contende il ruolo di seconda punta con il bulgaro Valeri Bojinov, grande talento poi sparito dal calcio che conta. Il Pazzo quell’anno agisce lontano dalla porta e segna 6 gol, riuscendo a vincere l’Oscar del Calcio come Miglior Giovane. La stagione 2006 – 2007 dovrebbe essere quella dell’esplosione, ma non è così. Pazzini segna subito una doppietta contro il Giarre, nel primo turno di Coppa Italia, ma si fa male con la Nazionale Under-21. Rientra dopo due mesi, proprio contro l’Atalanta, e sigla la sua prima doppietta in Serie A nei minuti finali, regalando alla Fiorentina la vittoria. Quel campionato, il Pazzo lo passa più in panchina che sul campo ma il finale è da grande giocatore: segna 7 gol, su 9 partite da titolare. Una media niente male. Nella prima parte della stagione seguente gioca 12 partite (di cui solo 3 da titolare) e segna un calcio di rigore nella vittoria per 3 a 0 contro la Reggina. Nel frattempo, trova il tempo di ricevere un’ovazione a Wembley, nell’inaugurazione del nuovo tempio del calcio, dove segna una tripletta e si porta a casa il pallone. Gli spazi continuano ad essere pochi nei gigliati e Pazzini scalpita. Nella Fiorentina è arrivato intanto anche Osvaldo oltre a Gilardino, un altro che il fiuto del gol lo ha sempre avuto. Prandelli continua a giocare con una punta e sceglie l’ex milanista e Pazzini dice ad alta voce cosa pensa: vuole spazio. Vuole minuti, vuole poter giocare titolare. I rapporti con il suo mentore si guastano, in quel periodo. Va via dalla Fiorentina dopo 33 reti e 134 partite, poche quelle giocate dal primo minuto, e approda alla Sampdoria in cambio del cartellino di Bonazzoli e 9 milioni di euro. In molti pensano che sia un errore strategico da parte del giocatore, ma Pazzini ha fiducia in se stesso e il 14 gennaio 2011 arriva a Genova. Passa una settimana ed è in gol, contro l’Udinese in coppa Italia, partita poi vinta ai rigori. L’1 febbraio segna anche la prima rete con la maglia blucerchiata in campionato, contro il Chievo. A Marassi gioca anche un certo Antonio Cassano che a Genova sembra aver finalmente trovato l’ambiente in cui esprimere il suo talento. Per Pazzini è festa grande. E’ l’unico vero finalizzatore in una squadra muscolare a cui si aggiunge il talento indiscutibile di Bari Vecchia. I due sul campo legano subito e portano la Sampdoria ad un passo dalla conquista della Coppa Italia, persa in finale ai rigori contro la Lazio. Pazzini aveva messo il suo timbro anche su quella sfida, segnando il gol blucerchiato. La stagione successiva la Sampdoria gioca un gran bel calcio e Pazzini segna 19 reti in 34 partite, uno dei quali nella vittoria contro il Napoli per 1- 0 del 16 maggio 2010 che garantisce il raggiungimento matematico del quarto posto (con annessa qualificazione in Champions League). All’inizio della stagione seguente gioca entrambe le partite che separano la sua squadra dalla fase a gironi della Champions League, segnando sia nel match di andata che in quello di ritorno. Alla Doria non riesce il recupero dopo la sconfitta per 3-1 dell’andata (3-2 il risultato del ritorno) e non passa il turno. A gennaio di quello stesso anno, dopo altre 19 presenze e 6 reti in campionato, 1 in Coppa in Italia, 2 nei Play Off di Champions e 2 in Europa League (su tre apparizioni) viene ceduto all’Inter per 12 milioni più il cartellino di Biabiany. Nel frattempo, il suo “gemello del gol” Antonio Cassano passa al Milan. Il Pazzo parte subito forte. Nella sua prima apparizione con la maglia del biscione, contro il Palermo, mette a segno una doppietta e si procura un rigore firmando così la vittoria finale in rimonta per 3-2. Il 16 febbraio segna il 100esimo gol in carriera, arrivato nella vittoria esterna per 2-1 contro la sua ex squadra, la Fiorentina. Chiude quell’annata con un totale di 17 gol (11 in nerazzurro e 6 in blucerchiato). Il 29 maggio 2001 vince il suo primo titolo in carriera, la Coppa Italia.
L’anno successivo arriva Gian Piero Gasperini sulla panchina interista e Pazzini visita molto spesso la panchina fino all’arrivo di Claudio Ranieri. Il nuovo tecnico lo rilancia titolare contro il Bologna il 24 settembre e il Pazzo torna puntuale al gol nella vittoria per 3 a 1. Segna anche il suo primo gol in Champions League con la maglia dell’Inter il 27 settembre 2011 (CSKA Mosca – Inter 2 a 3). Ma anche con Ranieri non trova quella continuità di cui ha bisogno. Dopo la tournée indonesiana di quell’estate viene relegato ai margini della rosa. Il Pazzo non ci sta ed esprime il suo dissenso. Questa volta, alla presentazione estiva della squadra prende il microfono, ringrazia tutti e dice ai tifosi che non pensa di restare ancora per molto. Molti lo fischiano e lo insultano. La tensione nell’ambiente è palpabile. Il 22 agosto 2012 l’Inter lo cede ai cugini del Milan, in uno scambio proprio con il suo ex compagno di squadra Antonio Cassano più un conguaglio di 7,5 milioni di euro per i neroazzurri. Molti a San Siro non sono convinti dell’operazione. Cassano è un artista che gioca di fioretto, Pazzini un lavoratore instancabile del gol. Ci sono mugugni tra i tifosi rossoneri. Esordisce nella sconfitta casalinga contro la Sampdoria del 26 agosto. Il Milan non c’è. Non ha idee, è confuso dalle cessioni dei suoi big e fa fatica a produrre gioco, figuriamoci a far arrivare qualche pallone giocabile al suo attaccante. Eppure, in questa totale penuria di gioco, il Pazzo fa una tripletta con il Bologna e il Milan vince per 3 a 1 al Dall’Ara. Un esempio di ciò che deve fare una prima punta: 4 palloni toccati, 3 gol. L’inizio dell’annata è complicato, Pazzini fatica come tutta la squadra e va avanti segnando qualche gol. A gennio arriva Mario Balotelli e Pazzini sembra avere meno spazio. Ma la squadra migliora e migliora anche il suo rendimento. Iniziano ad arrivare i rifornimenti e il Pazzo è uno che quando ha la palla buona non ha paura di scaraventarla in rete, senza nessun timore. Come contro la Lazio, il 2 marzo 2013, quando un difensore rinvia malamente sui suoi piedi e da 25 metri decide di tirare da lì, senza avanzare verso la porta difesa da Marchetti. E’ gol e San Siro esplode. Il Milan per la prima volta arriva al terzo posto valevole per la qualificazione in Champions League, un sogno se considerato l’inizio di stagione. E poi siamo al posticipo di ieri: Milan-Catania. La Fiorentina ha recuperato punti sui rossoneri e nell’attesa della partita di San Siro è a più due. Il Milan prende d’assalto il fortino catanase ma non riesce a passare. Anzi, va sotto due volte. Dalla panchina si alza Giampaolo Pazzini. Entra, e fa due gol. Da rapace d’area. Il Milan vince 4-2 ed è di nuovo terzo. Un Milan da Pazzini.