Venti giorni assolutamente da ricordare per Gylfi Sigurdsson, stella indiscussa dell’Islanda che da tre-quattro anni sta incantando il pianeta calcio. In principio la prima storica qualificazione ad una fase finale degli Europei, a spese della blasonatissima Olanda, poi lo strepitoso cammino appunto a Francia 2016 interrottosi soltanto ai quarti di finale contro i padroni di casa, dopo aver fatto fuori l’Inghilterra nel turno precedente. Adesso gli Strákarnir okkar puntano il Mondiale, inutile sottolineare che anche in questo caso sarebbe la prima partecipazione alla kermesse, e da ieri sera son tornati a farlo a pieno titolo, nel senso che la selezione allenata da Hallgrímsson è passata nell’arco di 90 minuti dalla terza alla prima posizione, sia pur in coabitazione con la Croazia, caduta in Turchia contro la banda Lucescu. Quando mancano appena due giornate al termine, la situazione in classifica nell’equilibratissimo gruppo I è la seguente: Croazia e Islanda 16, Turchia e Ucraina 14. Ad oggi gli islandesi passerebbero per secondi, essendo in svantaggio nei confronti di Mandzukic e compagni sia avuto riguardo agli scontri diretti che alla differenza reti, ma nei 180 minuti rimanenti la Nazionale del profondo Nord darà il tutto per tutto, sperando in un passo falso dei croati. Ebbene, il mattatore della sfida di ieri sera è stato proprio il nostro personaggio del giorno, autore di entrambe le reti che hanno steso l’Ucraina del ct Andriy Shevchenko: prima un comodo tap-in, su una palla sporca a centro area, poi un preciso sinistro che ha piegato le mani al portiere ospite Pyatov. Due gol che, per fattura, sintetizzano una delle migliori qualità di Sigurdsson: pur essendo un trequartista di professione, il neo acquisto dell’Everton riesce a disimpegnarsi egregiamente anche sugli esterni d’attacco, ma spesso esibisce un fiuto del gol tipico della prima punta. Quella capacità di sapersi sempre trovare nel posto giusto al momento giusto, ossia nel cuore degli ultimi 16 metri. Una versatilità figlia della notevole agilità, a dispetto della struttura fisica importante (186 cm per 79 kg), ma anche della cultura del lavoro che ha sempre contraddistinto colui che sta riuscendo nell’impresa di soppiantare Eidur Gudjohnsen, l’ex prolifico attaccante di scorta di Chelsea e Barcellona, dall’immaginario collettivo del suo Paese d’origine. Se oggi associ le parole calcio e Islanda, il primo pensiero di tutti va a Sigurdsson, con il dovuto rispetto per i vari Gudmunsson, Finnbogason, Hallfredsson e Bjarnason, conosciamo benissimo questi ultimi due.
Gylfi nasce a Reykjavik il 9 settembre del 1989 ma il suo percorso è stato quasi interamente a tinte british. Dopo gli esordi in patria nei vivai di Hafnarfjörður e Breiðabli, il giovanissimo specialista del Nord viene notato dagli osservatori del Reading, che nel 2005 lo portano nel Berkshire dove Sigurdsson completa la trafila delle giovanili fino all’esordio in prima squadra, datato 26 agosto 2008 in occasione di un match di Coppa di Lega contro il Luton. Due fugaci parentesi in prestito nelle serie inferiori, Shrewsbury e Crewe, prima di rientrare alla casa madre per affermarsi definitivamente nella stagione 2009-10 agli ordini di Brendan Rodgers: 20 reti e 10 assist per Sigurdsson, numeri che non passano inosservati agli occhi degli scout dell’Hoffenheim, club tedesco che il 31 agosto del 2010 versa circa 7 milioni di euro nelle casse del Reading e ne annuncia l’acquisto. Positiva l’esperienza in Bundesliga, 10 gol e 4 passaggi vincenti in 39 presenze nell’arco di diciotto mesi, ma il 2 gennaio del 2012 per Gylfi arriva il momento di riabbracciare il suo mentore Rodgers, frattanto passato alla guida dello Swansea. Il totem d’Islanda si prende la scena anche in Premier League: segna 7 reti nel girone di ritorno, con anche 5 assist all’attivo, e finisce nel mirino del Tottenham, che lo preleva il 4 luglio del 2012 per 8,5 milioni di euro. All’ombra di White Hart Lane la concorrenza è agguerrita, ma il nostro protagonista quotidiano riesce comunque a ritagliarsi uno spazio rilevante, certificato dai 13 gol e 9 assist totalizzati in ben 83 apparizioni, disseminate in due stagione. Nell’estate del 2014 si concretizza il suo ritorno in Galles, nell’ambito della trattativa che porta Michel Vorm e Ben Davies dallo Swansea agli Spurs, e nel suo atto II tra le file dei Jacks Gylfi si consacra ulteriormente tra i grandi d’Inghilterra: indiscusso trascinatore in campo, autentico valore aggiunto al di là del ruolino che parla di 30 reti e 26 assist in 112 gare ufficiali. Una crescita esponenziale, evidente, inarrestabile. E in Nazionale il discorso non cambia: il quasi 28enne trequartista, con la doppietta di ieri, è arrivato a 17 gol in 52 presenze, il record di Gudjohnsen (ribadiamo: attaccante puro) ora è distante 9 segnature.
Non ci siamo ancora soffermati appieno sull’altro aspetto che ha reso indimenticabili questi 20 giorni per Gylfi: il 16 agosto, infatti, all’esito di un’estenuante telenovela di mercato, si è concretizzato il suo trasferimento all’Everton per 45 milioni di sterline (50 in euro), per la gioia di Ronald Koeman che gli ha visto firmare un contratto valido fino al 2022. Mai i Toffees avevano speso così tanto per il cartellino di un singolo giocatore, mai il cartellino di un calciatore islandese si era lontanamente avvicinato a queste cifre. E Gilfy, con quella meravigliosa volée in spaccata - da 50 metri !- nei playoff di Europa League, al debutto da titolare, ha iniziato a ripagare la fiducia ben riposta dal suo nuovo club, come sempre. Come prima, più di prima, con Russia 2018 obiettivo nitido.