Il provocatore: “Antonio, c’è Leo. Uno dei proprietari del ristorante da 100 euro”
11.12.2017 | 23:50
Il calcio, si sa, non è una scienza esatta. A volte però 2+2 può fare 4 anche in questo magnifico circo. Il nostro Jody Colletti, all’interno di questo spazio, prova a tratteggiare scenari di vario tipo, ma sempre al limite della provocazione. Pensieri in libertà.
Antonio Conte è uno che difficilmente si accontenta, perdonateci il giro di parole. Qualche giorno fa, da ultimo, l’allenatore del Chelsea ha invocato nuovi rinforzi, malgrado in estate gli abbiano già recapitato regali per complessivi 220 milioni di soli cartellini, tra i vari Morata, Bakayoko, Rudiger, Drinkwater e Zappacosta. Il coach salentino magari avrebbe voluto anche Bonucci e Alex Sandro, il primo ha optato per il Milan anche per motivazioni familiari, il secondo alla fine è rimasto alla Juve. Con il senno di poi, considerato il rendimento di entrambi in questa prima parte di stagione (il brasiliano spesso fa panchina ad Asamoah, con il dovuto rispetto per il ghanese), la strategia di Marina Granovskaia – plenipotenziaria dirigente in quel di Cobham – forse tanto sbagliata non era. Salvo che non si voglia far valere una sorta di “squadra che vai, prestazioni che trovi”, riadattando il celebre detto. Ad ogni modo don Antonio, dopo aver vinto la Premier al primo colpo e perso, però, la finale di Coppa d’Inghilterra contro l’Arsenal, ha iniziato tutt’altro che bene questa stagione. Prima la sconfitta in Community Shield, sempre contro i Gunners di Wenger, poi l’abdicazione in campionato (già prima di Natale ha ben 14 punti di svantaggio dal Manchester City capolista), mentre nel girone di Champions il suo Chelsea è arrivato secondo dimostrandosi inferiore alla Roma nella doppia sfida.
Ebbene, oggi l’urna di Nyon ha riservato ai londinesi lo spauracchio Barcellona. D’altronde non c’erano molte alternative, alla luce delle preclusioni riguardanti le quattro inglesi: oltre ai blaugrana, Hazard e compagni avebbero potuto pescare agli ottavi il Psg e l’agognato Besiktas, alla fine toccato in sorte al Bayern Monaco. Per Conte, che quest’anno ha ritrovato la Champions dopo 3 anni di digiuno, subito un ostacolo durissimo nella fase a eliminazione diretta: quel Lionel Messi che, con Cristiano Ronaldo, possiamo ben definire uno dei padroni del famoso ristorante da 100 euro del quale ai tempi della Juve parlò il tecnico salentino che, per inciso, non aveva certo incantato tra Galatasaray e – soprattutto – Benfica. Dichiarazioni rimaste scolpite nella memoria, anche perché poi smentite sul campo da Massimiliano Allegri, che, subentratogli a ritiro iniziato dopo il clamoroso addio, portò quella Juve in finale di Champions, persa a Berlino proprio contro il Barça che ai tempi poteva contare sulla temutissima MSN. Lo stesso tridente che era in campo la scorsa primavera, estromesso da Max con due partite da urlo. Adesso Neymar non c’è più, l’arrivo di Valverde in panchina ha trasformato parecchio il modo di giocare dei catalani, ora molto più “italiani”, cioè molto più attenti alla fase difensiva. E Conte ha avuto da Abramovich il pass per accedere al ristorante che pensò, erroneamente, di non poter frequentare quando era di stanza a Torino. Senza accorgersi che il tavolo era già prenotato. Nessun dubbio sul fatto che Leo sia uno degli azionisti principali, avendo trionfato 3 volte nelle ultime dieci edizioni, Cristiano addirittura 4 (la prima con lo United). Toccherà ad Antonio dimostrare di essere realmente all’altezza del famigerato ristorante, vedremo quale sarà la performance da 180’ che, fra un paio di mesi, il Chelsea sarà in grado di sfornare contro una delle principali candidate alla vittoria della Coppa dalle grandi orecchie. Per Conte sicuramente un cliente difficilissimo, specie considerando che il suo tallone d’Achille in carriera è stato rappresentato proprio da finali e/o sfide da dentro o fuori.
Foto: ste-india.com/cetusnews