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Il provocatore: “Pochi 60 per Bonucci. E comunque la Juve deve tenerlo”

12.07.2016 | 22:45

Il calcio, si sa, non è una scienza esatta. A maggior ragione quando si parla di mercato. A volte però 2+2 può fare 4 anche in questo magnifico circo. All’interno di questo nuovo spazio, il nostro Jody Colletti proverà a tratteggiare scenari suggestivi, magari di difficile realizzazione ma comunque al limite della provocazionePensieri in libertà.

Leonardo Bonucci al centro dei rumors di mercato. Il fatto che il centrale viterbese possa intrigare Manchester City e Chelsea non è certo una notizia. Il tam tam sui Citizens è partito a fine febbraio, quando Guardiola – dopo il 2-2 raccolto allo Stadium con l’ormai suo ex Bayern – ne parlò pubblicamente come uno dei suoi “calciatori preferiti in assoluto”. Non potrebbe essere altrimenti, aggiungeremmo, considerato (oltre al valore assoluto del difensore) che Pep impone ai suoi uomini di giocare la palla in ogni situazione, anche la più complicata: diktat che non potrebbe attagliarsi meglio a Leo, abituato da sempre a prendersi licenze in tal senso grazie all’innata capacità di far ripartire l’azione. Discorso più o meno analogo vale per i Blues, che confermarono ufficialmente l’ingaggio di Conte il 4 aprile, quando già circolavano le indiscrezioni sul giocatore, dato che l’arrivo a Londra del tecnico salentino era diventato un segreto di Pulcinella. Anche ai tabloid britannici era ben noto che il nome di Don Antonio faceva storicamente rima imperfetta con quello di Bonucci, suo indiscusso pupillo.

Ebbene, la cifra di cui si parla riguardo al Man City è nota: 60 milioni di euro. “Un’offerta incredibile, Marotta non dovrebbe pensarci su due volte”, ha sussurrato qualcuno. Ora, a parte che la proposta dovrebbe essere confermata, probabilmente a questo qualcuno forse è sfuggito qualcosa: gli ultimi cinque anni. Già, perché rispetto a quell’estate del 2010, quando la Juventus lo mise sotto contratto investendo oltre 15 milioni di euro (mica bruscolini), lo specialista classe 1987 ha fatto registrare dei miglioramenti esponenziali. La prima stagione fu difficilissima, Leo non si confermò sui livelli di Bari (quando aveva incantato, agli ordini di Ventura, in coppia con Ranocchia) e non solo fu coinvolto nel grigiore generale culminato nel 7° posto con Delneri al timone, ma addirittura spiccò in negativo per una serie di svarioni – figli anche dell’eccessiva sicurezza – che lo resero quasi un’icona negativa e paradigmatica nelle discussioni da bar vertenti sul modo di interpretare il ruolo di centrale difensivo.

Poi a Vinovo si materializzò la sagoma di Antonio Conte e la musica cambiò radicalmente. Il tecnico salentino ne fece il regista del terzetto collocato davanti a Buffon (chiamiamola pure BBBC, oggi che vanno di moda sigle e acronimi a uso e consumo dei social). “A quattro non può giocare e lo ha piazzato là per limitare i danni, tanto a coprirlo ed a marcare ci pensano Barzagli e Chiellini”, commentava il beneamato qualcuno. Come se il medico avesse prescritto a Conte l’utilizzo di Bonucci, che già da tre anni si avvaleva di Alberto Ferrarini, suo motivatore personale poi salutato nell’agosto del 2015. Semplicemente, l’ormai ex ct della nostra Nazionale fu il primo a memorizzare che quel ragazzo – così simile a lui per temperamento – avrebbe potuto fare la differenza anche con la pesante maglia bianconera indosso. E la sua sensazione venne confortata dai 5 titoli (3 scudetti e 2 Supercoppe italiane) vinti con Leonardo titolare inamovibile e dal rendimento costantemente sopra la media. Gli Europei del 2012 targati Prandelli, in particolar modo le sfide con Inghilterra e Germania, servirono poi a confutare la teoria circa la presunta non affidabilità del marcantonio laziale in una linea difensiva a quattro. Con l’avvicendamento in panchina, e il conseguente avvento di Massimiliano Allegri al “capezzale” Juve, le cose sono addirittura migliorate. Tant’è che oggi, con altri 5 trionfi ad arricchire il palmarès – e il pokerissimo tricolore in bella vista – Bonucci viene unanimemente considerato uno dei centrali più forti del mondo, unitamente a Sergio Ramos, Piqué e Godin (non ce ne vogliano gli altri, a partire da Boateng, mentre Thiago Silva è ormai lontanissimo dagli standard del Milan). Se non il più forte, aggiungiamo noi, dato che eccelle in ogni fondamentale: Euro 2016 ha rappresentato un altro esame probante in tal senso. Ai massimi livelli, i difensori in grado di garantire un effettivo salto di qualità in seno alla Linea Maginot scarseggiano e chi li ha deve tenerseli stretti. Quanto alla quotazione del cartellino, c’è chi fa notare che il principale – e formidabile – sito tedesco di statistiche calcistiche valuta Bonucci appena 30 milioni, quindi esattamente la metà dei famigerati 60, al pari di Kompany, Marquinhos, Varane e David Luiz. Non servirebbe aggiungere altro, se non che lo stesso portale per Neymar parla di 100 milioni (dopo il rinnovo fino al 2021 con tale importo forse di O Ney porti a casa una gamba). Ma proprio il nome del riccioluto carioca del Psg ci fa quasi sobbalzare dalla sedia. Nel del 2014 il brasiliano lasciò il Tamigi per la Senna, proprio per una cifra vicina ai 60 milioni di euro (50 di sterline al cambio dell’epoca). Per la gioia di Mourinho che, pur di non schierarlo in difesa, lo aveva avanzato sulla mediana del Chelsea. E volete forse dirci che, in caso di trasferimento, Bonucci andrebbe valutato quanto David Luiz? Suvvia. Il prezzo dei top player lo fa il mercato, o meglio, la forza economica delle grandi corazzate europee dal budget smisurato (Real Madrid, Barcellona, Manchester City, Manchester United, Chelsea, Psg e Bayern Monaco). Indi per cui, a parere di chi scrive, per Bonucci 60 milioni sarebbero pochini. Fermo restando che lo stato maggiore bianconero sa bene che, verosimilmente, di tutti oggi potrebbe privarsi meno che di Leo. Sia per la già ricordata carenza generale di fuoriclasse nel ruolo, sia perché il 29enne Bonny – uno dei capitani senza fascia – incarna l’animus pugnandi di una squadra che ha avuto la forza di risorgere dalle ceneri del 2006. Come? Mettendo da parte un po’ di aristocrazia per sostituirla con una massiccia dose di cannibalismo. Certo, l’attuale ingaggio (circa 3,5 a stagione) va ritoccato in maniera robusta, ma l’unica partenza eccellente sulla quale dovrebbero riflettere in corso Galfer è quella di Pogba, per la quale è e sarà sempre questione di tempo.

Twitter: @JodyColletti

 

Foto: Facebook ufficiale Juventus