A volte 2+2 può fare 4 anche nel calcio. Il nostro Jody Colletti, all’interno di questo spazio, proverà a tratteggiare scenari di vario tipo, magari di difficile realizzazione ma comunque al limite della provocazione. Pensieri in libertà.
La chiamano Vecchia Signora, la si ama o la si odia: non esistono mezze misure. Voi come la immaginate in carne ed ossa? Classiche mèches o brizzolato tipico di casa Agnelli? Teoricamente non si dovrebbe uscire dalla dicotomia, praticamente sì perché nel mondo del pallone l'anagrafe conta solo per i protagonisti, le società invece sono libere di invecchiare come il whisky. Altro giro, altra corsa: bionda ammaliante o bruna mozzafiato? Di certo una stratosferica bomba sexy, questo il giudizio unanime sulla Juve-squadra al 26 luglio, quando veniva ufficializzato l'acquisto di Gonzalo Higuain, cui avevano fatto da apripista i signori Miralem Pjanic, Dani Alves, Medhi Benatia e Marko Pjaca. Premesse più o meno confermate, per chi guardasse le classifiche oggi senza aver visto un minuto di calcio giocato. Prima in campionato con 4 punti di vantaggio sulla più diretta inseguitrice, alla ricerca del leggendario sesto scudetto consecutivo; con mezza qualificazione agli ottavi di Champions in tasca, alla luce del secondo posto - con il medesimo margine di 4 lunghezze e ancora in corsa per il primo - a due giornate dalla fine della fase a gironi. I numeri non mentono mai, si suole dire, però va specificato che a volte possono inconsciamente servire a nascondere la polvere sotto il tappeto.
Sia chiaro, queste considerazioni non si riferiscono esclusivamente alla gara di ieri, negativa a parere di chi scrive anche dal punto di vista dell’atteggiamento (dei singoli e di squadra), bensì al rendimento offerto nel complesso da Madama in questa prima parte di stagione. Inutile girarci attorno: questa è la Juventus meno bella dal 2011 a questa parte, quando con Antonio Conte prese il via lo splendido ciclo vincente (all’interno dei confini nazionali) proseguito sotto l’egida di Massimiliano Allegri. La bomba sexy de quo, che tutti aspettavano bramosi di vedere sulla passerella erbosa, si è invece rivelata sciatta, poco attenta non solo ai dettagli ma anche all’immagine generale. Evitiamo di soffermarci a lungo sul confronto tra gli organici delle singole annate, le differenze sono sotto gli occhi di tutti. La difesa è rimasta intatta, il parco esterni è migliorato esponenzialmente, in attacco si è passati dalla quaterna Matri-Vucinic-Giovinco-Quagliarella al poker d’assi Higuain-Dybala-Mandzukic-Pjaca, ma quello che era il centrocampo più forte del mondo (unitamente a quello del Barcellona) adesso è diventato il 3°-4°…d’Italia. E questo ovviamente è il tasto dolente, perché se nella terra di mezzo le cose non funzionano la macchina si ingolfa. La manovra diventa farraginosa, prevedibile e, per venire a capo delle difficoltà, bisogna sperare esclusivamente nel lampo individuale o negli episodi. Troppo poco, un club come la Juve di oggi non può certo accontentarsi di simile canovaccio. Forse sono state sottovalutate le conseguenze della partenza di Pogba, non si spiega altrimenti la mancata sostituzione* di Paul (soliti pasticci di fine agosto). Eppure che fosse un totem vero lo dicevano, prima ancora che i meravigliosi strappi del Polpo, le eccellenti statistiche in entrambe le fasi. Interdizione di primissimo livello, efficacia negli ultimi 30 metri sintetizzata dallo score delle ultime 3 stagioni, nelle quali praticamente era sempre andato in doppia cifra come gol e assist (rispettivamente 9 e 16; 10 e 11; 10 e 16). Accanto a “sostituzione” abbiamo collocato un asterisco, perché sappiamo bene che un calciatore con le medesime qualità del 23enne transalpino, al mondo, non esiste ancora. Ciò non toglie che a centrocampo, oltre al Pjanic in cerca d’autore, qualcosa andava fatto in maniera concreta, anche perché la cessione di Pogba era stata messa in preventivo da giugno, al netto delle dichiarazioni di circostanza. Si doveva evitare di bissare con Matuidi il misfatto Draxler dell’estate precedente e, magari, di incaponirsi su un Witsel già agganciato a parametro zero per il 2017 e che, per caratteristiche, probabilmente quest’anno non sarebbe stato il puntello ideale. Forse sarebbe stato opportuno scommettere su un bel prospetto non ancora esploso del tutto: per fare un nome, vedremo quanto varrà il prossimo giugno il Bakayoko del Monaco, cui Marotta e Paratici avevano pensato senza poi affondare il colpo.
Ragionare con il senno del poi lascia sempre il tempo che trova, in questo caso però esisteva anche la logica “del prima”. Una domanda secca a questo punto si impone: come uscire dall’attuale impasse? Riagganciandoci alla metafora iniziale, a questa Signora servono trucco, parrucco e un vestito (tattico) nuovo. Non sussistono più i motivi sottesi al costante varo del 3-5-2. Sistema di gioco che Conte, avvezzo fino al 2011 ad utilizzare un 4-4-2 modulabile in 4-2-4, scelse dopo aver memorizzato che Pirlo non era il presunto bollito scaricato dal Milan, bensì un campionissimo che ancora avrebbe regalato soddisfazioni immense. Per proteggerlo un uomo al suo fianco non bastava: et voilà, mediana a tre supportata dai due esterni che, in fase di possesso, diventavano ali di una sorta di 3-3-4. Dopodiché, una volta concesso al Professore bresciano il foglio di via con destinazione New York, si prosegui sulla stessa falsariga perché, giustamente, non si poteva prescindere dalla granitica BBBC. Peccato che la C sia momentaneamente venuta meno, gli 8 infortuni collezionati da Chiellini nell’anno solare 2016 sono una sentenza. Di primo grado, se vogliamo, ma pur sempre una sentenza. Ieri Allegri ha rispolverato il 4-3-1-2 che aveva fatto le sue fortune a Cagliari e Milano, ma l’appannato Miralem non ha offerto i riscontri sperati. Anche per la pesantissima assenza di Dybala, il profilo ideale per fraseggiare nello stretto. A proposito, al timoniere juventino va concessa qualche attenuante: finora, tra vacanze prolungate post-Europei e Copa America, infortuni e soste per le Nazionali, il tecnico livornese raramente ha potuto lavorare in maniera continua con tutta la rosa a disposizione. Questo va sottolineato. Allo stesso tempo, va messa in luce un’aggravante: negare che la Juventus gioca male significa far finta di non avere memoria, tanto storica quanto a breve termine. E chissà che, scattata l’ora delle sperimentazioni, il vestito tattico idoneo non possa essere - a stretto giro di posta - il 4-3-3, modulo che ha storicamente esaltato il Pipita, fin qui non messo nelle condizioni di incidere come potrebbe. Inoltre, anche i vari Dani Alves, Cuadrado e Pjaca (anch’egli momentaneamente ai box) potrebbero trarne parecchio giovamento. Andrebbe instradato Dybala, verissimo, ma La Joya ha già dimostrato di essere una spugna, apprende in fretta: un anno fa Max gli spiegò in un paio di mesi come fungere da attaccante di raccordo, lui che a Palermo giostrava da prima punta, ora potrebbe fare altrettanto per quanto riguarda i movimenti sugli esterni. Una cosa è certa, alla Juve serve un restyling calibrato e progressivo per arrivare a fine febbraio, quando inizierà la fase caldissima della stagione, in condizioni diametralmente opposte a quelle odierne. Non è un discorso di mera estetica, ne va della competitività in Europa.
Foto: juventus.com