REAL CARLETTO, È ANCELOTTI L’UOMO DELLA DÉCIMA

 “Un copione incredibile: è stata una vittoria molto sofferta, siamo stati un po’ fortunati perché pareggiare all'ultimo minuto non capita in tutte le finali, ma credo che la Coppa sia meritata per quanto abbiamo fatto. Questa décima era un sogno, dal primo giorno che sono arrivato a Madrid mi è stata chiesta e abbiamo lavorato per raggiungerla, ho già visto il presidente, è molto felice”. Firmato: Carlo Ancelotti, l’hombre tranquillo riuscito al primo colpo dove altri avevano fallito, da ultimo José Mourinho che per tre anni si era fermato in semifinale.



La Madrid blanca è ai piedi di Carletto, il messia italiano strappato con le unghie al Paris Saint-Germain e ingaggiato appositamente per coronare il sogno décima, inteso come trionfo numero 10 in Coppa dei Campioni. Il Real era già primatista, ma inseguiva la doppia cifra dal 2002, da quando Zinedine Zidane castigò il Bayer Leverkusen con quel sinistro al volo da antologia entrato honoris causa nella compilation delle meraviglie calcistiche.

Il presidente Perez ci aveva visto giusto: nella mixed-zone del “da Luz” di Lisbona, teatro della finalissima contro i cugini dell’Atletico, ha dichiarato che “la décima stava diventando un’ossessione”. Errato, don Florentino: lo era già diventata e non da ora, chi ha un minimo dimestichezza con la stampa spagnola lo sa bene. Ad ogni modo, dopo i trofei della prima gestione, quella dei faraonici scippi di Ronaldo e dello stesso Zizou al calcio italiano, il successo in Europa alla lunga ha premiato la filosofia galáctica riproposta dal numero uno del Santiago Bernabeu al suo secondo mandato. Luis Nazario da Lima non riuscì a sollevare la Coppa dalle grandi orecchie, l’omonimo Cristiano sì, laureandosi per distacco capocannoniere di questa edizione a quota 17 reti. Il sigillo a giochi fatti di CR7 dal dischetto ha chiuso il poker rifilato ai Colchoneros adottati dai romantici della pedata, i figli di un Dio minore (quello senza denari) che - fino al minuto 93 - avevano portato a casa il doblete: la prima Champions della loro storia dopo l’impresa nella Liga che aveva finalmente spezzato il duopolio Barça-Real. Come ha subito ricordato il tecnico di Reggiolo nel virgolettato sopra riportatovi, il copione però è stato incredibile, riservando ai tifosi merengue la gioia irrefrenabile proprio quando tutto sembrava perduto: l’incornata di Sergio Ramos, nuovamente decisivo dopo la doppietta al Bayern Monaco, ha frantumato le speranze degli uomini di Diego Simeone (sportivissimo nel dopo partita), dando contestualmente il là alla cavalcata suggellata nei supplementari da Mister 100 milioni, Gareth Bale, e dal brasiliano Marcelo, azzeccatissima mossa di Ancelotti che lo aveva lanciato nella mischia al quarto d’ora della ripresa, unitamente a Isco, per aumentare i giri del Real motore.



Concentrandoci adesso sul nostro personaggio del giorno, con la vittoria di ieri l’allenatore emiliano è entrato nella leggenda, eguagliando Bob Paisley, l’unico mister che finora era riuscito a vincere 3 Coppe dei Campioni, anche se l’inglese si era imposto sempre con la stessa squadra, guarda caso quel Liverpool che diede l’unico dispiacere a Carlo in una finale della massima competizione continentale, nel 2005 a Istanbul con la clamorosa rimonta dallo 0-3.

Il vessillo del made in Italy ha quindi staccato Ferguson, Guardiola, Del Bosque, Sacchi, Mourinho, Hitzfeld e Heynckes, tutti fermi a due, oltre ad essere entrato (assieme agli ultimi tre menzionati) nell’élite dei vincitori alla guida di due compagini diverse, l’altra ovviamente è il Milan, al cui timone è rimasto dal novembre del 2001, quando subentrò all’esonerato Fatih Terim, alla fine della stagione 2008-09.



Aggiornando il palmarès del plurititolato condottiero, si contano quindi: 3 Champions League, 1 Mondiale per club, 2 Supercoppe europee, 1 Scudetto, 1 Coppa Italia, 1 Supercoppa Italiana, 1 Premier League, 1 Coppa d’Inghilterra, 1 Community Shield, 1 Campionato francese e 1 Coppa di Spagna. Questi gli allori in panchina, disseminati tra Milan, Chelsea, Paris Saint-Germain e appunto Real Madrid. Vincere in quattro Paesi non è da poco, soltanto al Parma e alla Juve chiuse senza gloria ma con tre secondi posti all’attivo, mentre all’esordio fece gioire la Reggiana che nel 1996 ricondusse in Serie A bissando l’exploit centrato 3 anni prima da Pippo Marchioro. Venendo adesso all’Ancelotti calciatore, archiviato il triennio iniziale in maglia parmense, il centrocampista classe 1959 indossando la maglia della Roma mise in bacheca 4 Coppe Italia e il Tricolore del 1983, cui seguirono 2 scudetti, 2 Coppe dei Campioni, 2 Coppe Intercontinentali, 2 Supercoppe Uefa e 1 Supercoppa nazionale conquistati sulla sponda rossonera del Naviglio agli ordini del mentore Arrigo, che, una volta appesi gli scarpini al chiodo, lo instradò portandoselo come vice in Nazionale.

Complessivamente sono addirittura 28 i titoli collezionati sul campo da questo Signore, con la S maiuscola, che compirà 55 anni il prossimo 10 giugno. Numeri che parlano da sé e che lo consacrano sempre di più nella storia del calcio, quella storia che Carlo Ancelotti scrive ormai quasi da un quarto di secolo sempre con la consueta sobrietà.

Umiltà, concretezza ed educazione in un mondo in cui troppo spesso in tanti vanno sopra le righe, finendo col farsi abbracciare dalla spirale delle polemiche. Lui no, qualche sorriso sornione e tantissimi fatti. Onore al Real Carletto, l’uomo della Décima.

 

Foto: AS