Reggina, poche chiacchiere o piagnistei: in Lega Pro non puoi più fare la comparsa
10.06.2017 | 23:25
La Reggina è reduce da una stagione difficile dove in tanti hanno battuto il tasto sul “miracolo ripescaggio più salvezza”. Giusto. Ma ora è il momento di mettere da parte le chiacchiere e i trionfalismi, serve un progetto vincente, sopratutto una programmazione che possibilmente non faccia rima con improvvisazione. Uomini da Reggina. Altrimenti è meglio dire chiaramente, alla larga dai piagnistei, che l’obiettivo è soltanto quello di fare da comparsa. E fare la comparsa in Lega Pro fa a cazzotti con una tradizione che per la città di Reggio Calabria calcisticamente ha compreso momenti irripetibili. Nessuno chiede alla famiglia Praticò di svenarsi, ma è necessario parlare chiaro senza ricordare cos’è successo in passato. Stop, è un disco monotono. Gli applausi sono finiti, non si può ricordare in eterno che una cordata ha fatto rinascere il calcio in una città che di calcio è affamata. Serve altro, molto di più. Serve parlare chiaro alla gente. Serve eventualmente l’ingresso di nuovi soci, ma i nuovi soci che “mettono i soldi” devono anche comandare. Serve che i dirigenti, di famiglia oppure no, abbiano umiltà e non spocchia. Dirigenti non si diventa dall’oggi al domani. A maggior ragione se si è fatto abuso di parole (lealtà, amicizia, bla-bla-bla) non sempre suffragate dai fatti. E’ stato annunciato un allenatore, Maurizi, che deve dimostrare di essere all’altezza di un club così importante: la media dei suoi recenti risultati è sconfortante, esoneri a catena. Ma il discorso più urgente è un altro: la Reggina è la Reggina e deve essere trattata come tale. Senza far pesare sempre il senso di un intervento, quello di due estati fa, che non era una prescrizione medica. Un atto d’amore, certo, ma gli atti d’amore non devono essere rinfacciati in eterno. Chiarezza e programmazione, zero piagnistei. E possibilmente una stagione che non sia l’anticamera di una pietanza insipida, con l’eterno ritornello del chiedere sempre alla gente di stare vicina. E di sottoscrivere gli abbonamenti. La gente sa dare, ha sempre dato, ma la gente vuole la chiarezza prima di ogni altra cosa. E possibilmente una squadra che, almeno nelle intenzioni e con i fatti, lotti per il vertice. Tutto il resto conta zero. Le lacrime da coccodrillo ancora meno.