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RINGHIO E I PREVENUTI A SPEZZATINO

27.02.2018 | 00:10

Neanche era arrivato e gli avevano urlato: “Ma tu cosa ci fa al Milan? Non sei un allenatore”. Non i tifosi rivali, ma chi scrive e parla ogni giorno di calcio (?), chi non ha rispetto, chi potrebbe andarsene in vacanza per tre mesi. Siccome era troppo facile sparare su Ringhio Gattuso, mitragliatrici mediatiche in azione. Neanche il tempo di fargli indossare la tuta, pazzesco. Una roba da manicomio perché in Italia ci sono le coperture a prescindere: se sbagliano Mihajlovic, Montella, Mancini, Zenga – potremmo continuare fino a dopodomani – è sempre colpa di qualcuno, mai la loro. Non parliamo degli ingaggi faraonici, ci sarebbe da chiedere il risarcimento in rapporto ai risultati ottenuti. Mihajlovic ha bucato quattro volte, in società importanti, mai nessuno – tra i soliti noti – che abbia fatto un supplemento, mezza critica, mezza virgola, qualcosina che… Nulla. “Sinisa è un grande, mica colpa sua…”. Mancini ha vinto e ci siamo tolti il cappello, ma quando ha sbagliato di brutto lui era incravattato e immacolato, nessuno si permetta di… Assurdo. Montella sorrideva, stava sfondando il Milan, continuava a sorridere e le domande erano compiaciute, un inno della serie “avanti Vincenzo, comunque vada resti il migliore”. Ora, gli stessi con quel microfono in mano, non sanno come fare quando si trovano di fronte Gattuso: vorrebbero scomparire. Vorrebbero mangiarselo il microfono e lo digerirebbero pure. Invece devono simulare un sorriso, sprecare un complimento, più finti di un Rolex acquistato in una bancarella. Povero diavolo, che pena mi fai…
Quel Milan che non aveva uno straccio di condizione atletica, che verticalizzava mai, che aveva sfondato anche quanto di buono era stato fatto sul mercato (Rodriguez, Biglia, Calhanoglu) a un certo punto era stato ereditato da Rino Gattuso. Un appestato, mediaticamente parlando. Non gli avevano dato il tempo di sedersi al tavolo, lo avevano massacrato con una cattiveria assassina. Sì, cattiveria. Figurati poi dopo un pareggio a Benevento con un gol del portiere Brignoli all’ultimo respiro e dopo una Waterloo a Verona dove Kean sembrava Ibrahimovic. A quel punto i briganti che non sanno se il pallone è rotondo o quadrato, ma anche gli aristocratici del microfono, avevano invocato un passo indietro. Magari dopo aver impallinato la società, tanto per fare un pacchetto unico. Gattuso era scarso prima, figuriamoci dopo due o tre partite. Ora che le piazze mediatiche sono deserte, ora che si sono rinchiusi in casa con la scusa della neve o del gelo, abbiamo la sensazione che quando parlavano di Ringhio per dirgli “non sei un allenatore” forse si riferivano ad altri sport. Ippica o pattinaggio a rotelle fate voi, con tutto il rispetto per le suddette discipline, ma anche con la serena ammissione che certe volte sarebbe meglio – per il loro bene – non parlare di calcio.
La cosa bella è che Ringhio quei prevenuti da strapazzo, oggi con il microfono spento e con il pc oscurato, se li sta cucinando a spezzatino. Molto saporito. Non ha bisogno di rispondergli, basta guardare le partite per chi le capisce. E lo diciamo al netto di quanto potrà accadere: se il Milan acciuffasse il carro Champions sarebbe un miracolo calcistico autentico, ma non è fondamentale ai fini del nostro ragionamento. E’ stato fin troppo importante farne una squadra, una squadra che possiede senso di appartenenza, che corre, che gioca, che ha schemi, che sfrutta la qualità, che sa soffrire, che non si piega e che pensa di dare il primo schiaffo. Ripetiamo: comunque vada, da oggi a fine stagione. Il segnale è talmente rumoroso che i nemici sono chiusi a tripla mandata. E hanno buttato le chiavi dalla finestra.
Ringhio, quant’è buono lo spezzatino?