ROBBEN DI CLASSE
02.05.2013 | 11:30
Arjen Robben è un funambolo che dribbla perfino i fili d’erba del campo dove gioca, eppure un ostacolo non riesce a superarlo, fino ad ora: le finali. Sembrano essere qualcosa più grande di lui. Inizia a giocare nel club della sua città natale, il VV Bedum, dove si fa notare per le sue serpentine e la velocità palla al piede. Viene acquistato dal Groningen che lo inserisce nella squadra giovanile nella stagione 1999-2000. Nel novembre del 2000 viene aggregato alla prima squadra e il debutto è contro l’RKC Waalwijk, il 3 dicembre, quando sostituisce l’infortunato Leonardo dos Santos. Man mano che il tempo passa conquista la fiducia dell’ambiente e conclude la stagione 2000-2001 con 18 presenze e 2 reti. Il ragazzo ha le spalle strette, ma si farà. Al termine dell’annata viene nominato “Giocatore dell’anno” della sua squadra e rimane fino al 2002, il PSV Eindhoven lo acquista per 3.7 milioni di euro. Il giovane Robben è un fulmine con un dribbling ubriacante ma ha un difetto: non passa mai la palla. Mai. E’ quello che in Italia quando si gioca al campetto, da piccoli, tutti hanno chiamato “veneziano”. Piuttosto che passare il pallone si fa stendere. Ed è quello che succede. Spesso, molto spesso. Guadagna una marea di falli, tanto da iniziare subito a meritarsi il soprannome di “giocatore di cristallo” . A questo contribuisce anche la sua fragilità articolare, senza dubbio. Ma Arjen Robben è uno che stringe i denti e nella sua prima stagione al PSV riesce a giocare 33 gare, realizzando 12 reti. Viene nominato anche qui, al primo tentativo, “Giocatore dell’anno”. Insieme a Mateja Kezman forma una coppia veloce e incisiva là davanti. I tifosi li soprannominano Batman e Robben. Vincono il 17esimo titolo olandese e lui, personalmente, conquista il premio di miglior giovane dell’anno dell’Eredivisie. Nella stagione 2003-2004 l’Ajax è di un altro pianeta e il PSV deve accontentarsi di lottare per il secondo posto. Nel frattempo, siamo alla primavera di quell’anno, un allenatore che ci vede lungo e che ama il gioco sulle fasce prova ad acquistarlo. Si tratta di Sir Alex Ferguson, che vuole portarlo all’Old Trafford, ma il Presidente del PSV non ritiene sufficienti i 7 milioni di euro offerti dai Red Devils e afferma “Per quei soldi posso vendergli una maglietta autografata da Robben”. Si sa, i soldi non sono un problema per Roman Abramovich che, dopo quell’affermazione probabilmente si sente chiamato in causa. Alza il telefono e fa un’offerta di 18 milioni di euro. Il presidente del PSV, a quel punto, ritiene che anche il giocatore possa partire. Insieme alla maglietta autografata, ovviamente. Nella restante parte della stagione Robben è deludente, forse distratto ormai dal suo nuovo destino. Senza dubbio, non si fa mancare un infortunio non da poco: si stira un tendine del ginocchio ed è costretto a saltare alcune partite. Finisce la stagione con 23 match giocati e 5 reti. Passa ufficialmente al Chelsea il primo giorno di mercato e si fa male in un’amichevole estiva contro la Roma: metatarso del piede rotto, Arjen, ci rivediamo a novembre. Ed è proprio in quel mese del 2004 che esordisce allo Stamford Bridge, contro l’Everton, conquistando il premio di “Man of the Match”. Segna in quella e nelle successive tre partite, contro CSKA Mosca, Newcastle e Fulham, diventando il “”Giocatore del mese” della Premier League. I tifosi impazziscono. E’ la classica ala che fa la felicità di chi ama il gioco veloce e profondo, condito da dribbling ubriacanti. Insieme a Drogba nel mezzo e Duff sull’altra fascia, l’attacco di quel Chelsea va a mille all’ora. Ma la maledizione degli infortuni insiste ad abbattersi su di lui: contro il Blackburn Rovers si accascia a terra, siamo nel febbraio 2005, e rimane fuori quasi 3 mesi. Vede la sua squadra rincorrere il titolo e fermarsi alla semifinale di Champions League (è la sua prima semifinale). Alla fine del campionato, gioca solo 18 gare (una più bella dell’altra) e segna 7 reti. Viene nominato per il titolo Giovane dell’anno della Premier, ma viene battuto da Wayne Rooney. Torna a giocare nella stagione successiva in cui il Chelsea raggiunge il suo primo titolo inglese. E’ una data storica per i Blues. Robben dà il suo contributo con 6 gol e risponde con due espulsioni a chi lo accusa di essere “troppo morbido” con gli avversari. Anche questo, a modo suo, è un record per un giocatore che non era per niente abituato a finire sui taccuini degli arbitri. Nel 2006 viene convocato al Mondiale da Marco Van Basten, allora allenatore della Nazionale olandese, e la sua avventura finisce agli ottavi contro il Portogallo. Giocherà 3 partite, condite da un gol. La nuova stagione porta grandi cambiamenti al Chelsea. Arriva Michael Ballack e Mourinho cambia strategia di gioco, passando dal suo classico 4-3-3 ad un 4-1-3-2 con Lampard ed Essien a fare da angeli custodi al tedesco. Tanti muscoli e buon tocco di palla. Le ali, ovviamente, vengono un poco sacrificate e Robben trova meno spazio. Ma Mourinho vede che manca qualcosa. Nello specifico, manca l’imprevidibilità che fa diventare questo sport così bello. Manca il genio sregolato che decide di avventurarsi in cose complicate e difficili, che trova quasi più piacere in un dribbling che in un gol. A novembre Arjen inizia ad avere più spazio, sia come attaccante esterno che come ala. Il 23 dicembre viene nominato “Man of the Match” dopo una prestazione superba contro il Wigan, in cui è autore di due assist e del gol della vittoria. Proprio quando sembra essere sulla catapulta di lancio, si fa male. Di nuovo. Questa volta sono i muscoli della coscia, contro il Liverpool. Torna in campo a febbraio, contro il Middlesbrough. Il 25 febbraio, in Carling Cup contro l’Arsenal, entra all’inizio del secondo tempo e serve l’assist per Drogba. 1-0 e turno superato. E’ decisivo anche in Champions, realizzando il gol che permette al Chelsea di superare il Porto negli ottavi di finale. Va a giocare in Nazionale, e il ginocchio salta. Operato, farà quattro settimane di stop. Ritorna ad inizio maggio, in tempo per perdere la Semifinale di Champions contro il Liverpool. Di nuovo, sconfitto in semifinale. Per fortuna ci sono anche le gioie. Il Chelsea conquista la FA Cup contro il Manchester United il 19 maggio. Termina la stagione con 21 presenze e 2 reti in Premier, oltre alle 5 in Champions League. Il 22 agosto 2007 firma un contratto di cinque anni con il Real Madrid. E’ il quinto acquisto più caro della storia dei Blancos: 36.55 milioni di euro. Il 28 settembre debutta nella prima partita con la maglia merengue, in Champions League, contro il Werder Brema. Solo due settimane dopo, nella partita con la Nazionale, si stira. Rimane fuori sei settimane e torna il 23 dicembre, entrando al posto di Robinho nel Clasico. Il 2 gennaio realizza il suo primo gol, in Coppa del Re, contro l’Alicante. Il Madrid vincerà quella partita per 2-1. Il primo gol nella Liga arriva il 10 febbraio contro il Valladolid. Il 4 maggio, contro l’Osasuna, il Real si gioca il titolo. Sta perdendo 1-0 e mancano 4 minuti. Robben prende palla, salta un uomo, rientra e la mette all’incrocio Sembra tutto facile, ma non lo è. Il Bernabeu, che mugugnava fino a pochi secondi prima, esplode. Il Real riparte ed in due minuti fa pure il 2-1 con il Pipita Higuain e vince il campionato. Per Robben è il quarto titolo nazionale, in due Paesi diversi da quello di nascita. La stagione successiva è deludente: segna 7 reti e i madrileni arrivano secondi dietro al Barcellona. In Champions League si ferma agli ottavi. A Madrid non credono più in Robben. Troppo fragile, dicono. Si è adattato male alla Spagna, sostengono. Insieme a lui, se ne vanno Sneijder e Van der Vaart. Il Real olandese è svenduto a prezzi di saldo. Il Bayer Monaco decide di puntare sull’ala, lo acquista per 25 milioni e gli dà la maglia numero 10. Prima volta nella sua storia che Arjen si ritrova con la maglia del fantasista, che sia un segno? Robben è inarrestabile, quell’anno, gli riesce tutto. Il giorno dopo il suo arrivo, esordisce in campionato e tanto per far notare che ha gradito il trasferimento segna una doppietta contro il Wolfsburg. Il 17 aprile segna il suo primo Hat-trick contro l’Hannover (gara poi vinta 7-0 dai bavaresi). Alla fine di quell’anno Robben conquista il suo quinto campionato nazionale e anche la Coppa di Germania dove, in finale, segna un gol nel 4-0 contro il Werder Brema. In Champions segna 4 gol, di cui due contro la Fiorentina negli ottavi di finale. Segna anche nei quarti, contro il Manchester United. Sono tutti gol pesantissimi, che aprono le porte della semifinale ai bavaresi. Segna la rete dell’1-0 contro il Lione nell’andata e il Bayern approda alla finale. Sembra la volta buona per l’olandese ma sulla strada trova l’armata invincibile di Mourinho, l’Inter. Quell’Inter è un ingranaggio perfetto e Robben non può nulla, nonostante ci provi con tutte le forze. I milanesi vincono 2-0 e il sogno Champions sfugge ancora. Conclude la stagione con 23 reti: 16 in campionato, 3 in coppa di Germania e 4 in Champions League. Viene votato come il miglior giocatore della Bundesliga con il 71.2%, un plebiscito. Robben è davvero fenomenale in quell’anno e ci sono i Mondiali. Tutta l’Olanda spera in lui. Quando entra in campo contro l’Ungheria, in un’amichevole pre mondiale, c’è un applauso di un minuto tutto per lui. L’Olanda vince per 6-1 e lui si infortuna e rischia di saltare i Mondiali. Lo portano in Sudafrica ugualmente e pregano per un miracolo. Il miracolo avviene e dalla terza partita della fase a gironi è in campo. Realizza la sua prima rete contro la Slovacchia, agli ottavi di finale (vittoria per 2-1) per poi ripetersi in semifinale contro l’Uruguay (3-2 per gli oranje). Solo gol pesantissimi per Arjen. E’ l’idolo di una Nazione. In finale trova il tichi-taca spagnolo. Si va ai supplementari Robben ha la palla buona una, due volte. Non le sfrutta. La Spagna sì, e vince il Mondiale. Robben piange a dirotto sul prato sudafricano. Non c’è nulla da fare, non sembra essere l’uomo adatto alle finali. Si trascina l’infortunio patito prima del Mondiale e riprende in Bundesliga in ritardo. Nel frattempo, il Bayern batte lo Schalke 04 senza di lui e conquista la Supercoppa di Germania. Viene inserito nella lista dei 23 candidati al Pallone d’Oro e si classifica 14esimo. Il 15 gennaio 2011 finalmente ritorna in campo, e sostituisce l’infortunato Ribéry. Sette giorni dopo realizza la sua prima rete stagionale e il 12 marzo segna una tripletta contro l’Amburgo. Alla fine della stagione i gol saranno 13, su 18 partite giocate, con il Bayern al terzo posto in classifica. Nel 2011 – 2012 riparte la caccia alla Champions League. Segna subito una doppietta nel 2-0 contro lo Zurigo nel preliminare. Il 13 marzo 2012 segna un’altra doppietta nella vittoria a valanga, 7-0, contro il Basilea negli ottavi di Champions. Supera le semifinali contro il Real Madrid, segnando il 2-1 con cui la partita arriva ai calci di rigore dove il Bayer ha la meglio. E’ di nuovo finale. Si gioca a Monaco di Baviera contro il Chelsea di Di Matteo. E Robben “crolla” di nuovo. Si fa parare un rigore da Cech quando si è sull’1-1, nel corso dei tempi supplementari e la partita finisce ai rigori. Drogba segnerà quello decisivo, dando la coppa ai Blues. Di nuovo, Arjen Robben si ferma a pochi metri dal sogno. La coppa con le grandi orecchie gli sfugge e il Presidente del Bayern Monaco dichiara: “Robben è quel giocatore molto talentuoso che sbaglia i gol e ci fa perdere le finali”. Non proprio belle parole da sentirsi dire. Siamo a questa stagione. Il Bayern gioca con lo stesso modulo, ma Robben è in panchina. Vede meno il campo, anzi, è quasi sempre fuori, superato nelle gerarchie. Fino a che non ha la possibilità di giocare, verso la fine di stagione. E non perde l’occasione. Torna in semifinale di Champions League, contro i dominatori europei del Barcellona. Ma i dominatori vengono dominati: 4-0 a Monaco, 3-0 al Camp Nou, con un Robben maiuscolo in entrambi i match, che fa la cosa che gli riesce meglio: salta l’uomo e la mette sul palo opposto. Il Bayern è di nuovo in finale. Trova il Borussia Dortmund, per una sfida tutta tedesca. Che sia la volta buona, Arjen?