Samardzic: “Mentre trattavo con l’Inter sono stato travolto dagli haters. E’ stata una situazione difficile ma ne sono uscito più forte”

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Ivan Samardzic, centrocampista dell'Udinese, ha parlato a Cronache di Spogliatoio, soffermandosi sul futuro e sul mancato trasferimento la scorsa estate. Queste le sue parole: "Cercavo di assomigliare a Messi. A 16 anni ho avuto l’occasione di provarci. Venne a bussare alla mia porta il Barcellona. Era Patrick Kluivert, responsabile del settore giovanile del Barcellona. Della cantera. Ci mostrò il piano di crescita e l’idea che avevano per me. Ma i miei genitori pensarono che ero troppo piccolo per partire, che fosse troppo presto, e io ero d’accordo con loro. Un anno dopo invece ci provò il Milan. Insieme alla mia famiglia andai a Milanello, su invito di Paolo Maldini. Ci fecero visitare le strutture, avevo 17 anni e mio padre mi aveva sempre detto che il calcio italiano fino a qualche anno prima, comandava nel mondo. Anche quel giorno, ci dicemmo di non aver fretta. Poco dopo, avrei esordito con l’Hertha Berlino e ogni weekend, andavo all’Olympiastadion per vedere la partita". Dopo il Lipsia è arrivato l'Udinese: "E stavolta abbiamo convenuto che fosse il momento giusto. Anche perché mi ripetevano: 'Vai in Serie A! Dopo un gol ti esaltano! Se fai bene, con il talento che hai, verrai subito celebrato'. Avevano ragione. A Udine ho trovato subito uno stadio stupendo. Anche se qui da voi, rispetto alla Germania, il calcio viene vissuto... un po’ diversamente ahah! Qui siete tutti pazzi, ogni giorno poi mi scrivono per il fantacalcio. Da noi se ne parla meno del campionato. Qui è questione di vita. Ed è bellissimo quando in città mi fermano per dirmi: 'Dai Laki, fai un altro gol come quello al Napoli!!'". E perché non li fa? "Anche io mi sono chiesto: 'Perché non faccio un gol del genere a partita?'. Probabilmente quel giorno eravamo sotto e la mente era più libera. Ha ragione mister Cioffi, quando dice che devo prendermi più responsabilità e farmi trascinare meno dal risultato. Dopo quella rete mi hanno scritto in tanti. Vlahovic su tutti, con cui gioco in Nazionale". Ci racconta la batosta della scorsa estate? "Ho vissuto in prima persona una situazione spiacevole. Stavo trattando con l’Inter, ma poi non se n’è fatto di niente. Era agosto, ricordo bene, e non si leggeva d’altro. Quando sono sorti i primi problemi, ho aperto il telefono e ho trovato tantissimi insulti in chat. E ogni ora aumentavano. Ogni commento sul mio profilo parlava di quello. Mi sono subito detto: 'Laki, calma. È normale'. I tifosi sono persone, e non tutte le persone sono uguali. Mi sono promesso immediatamente di guardare avanti, che avrei trasformato quelle offese in carica per andare ancora più forte. Mi hanno ferito però quei tifosi che mettevano in cattiva luce mio padre, che lo insultavano dicendo che pensava soltanto ai soldi, che mi rovinava la carriera. Niente che fosse più distante dalla realtà. Ci siamo parlati molto in quei giorni. E alla fine, dopo tutto quel caos, mi sono guardato dentro e ho capito che non avuto alcun tipo di rimpianto per com’è andata la vicenda, di non essere andato all’Inter". E come ne è uscito? "Sono cresciuto da quella situazione, un momento che ho vissuto e che mi ha fatto male. Posso dire che quando vieni preso di mira dagli haters, non devi né cadere né mollare. Piuttosto prendila sul ridere, perché è normale che accada purtroppo. Deve darti delle positive vibes per ribaltare la situazione. Se a loro non va bene e sentono che devono insultarti, sappi che ci sono altrettante persone pronte a sostenerti. Infatti quando sono rientrato a Udine per allenarmi, nessuno me l’ha fatta pesare. Anzi, mi hanno accolto con il sorriso. Non era successo niente. Ed era ciò di cui avevo bisogno. Ne sono uscito più grande, questo sicuramente. Anche in campo: in questa stagione ho avuto modo di provare anche altri ruoli. Io mi sento trequartista, ma sto crescendo anche come play e mezza".  Foto: sito Udinese