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SCATOLE E ROMPISCATOLE CINESI

22.11.2016 | 00:00

Siamo ridicoli. Se non fossimo il Passe calcisticamente dei figli e figliastri, forse avremmo una speranza in più. Senza forse. Ma invece non lo siamo. Quindi, siamo ridicoli. Fateci caso: la differenza mediatica, di reazioni e controdeduzioni, cambia in base al club interessato. Se qualcuno vuole rilevare il Pisa, nessuno si preoccupa di sapere chi sia. Se giocano sulla pelle del Bari, in passato è successo anche che qualcuno si sia presentato, gli hanno addirittura messo una sciarpa al collo in cambio di garanzie e di proclami, salvo poi scoprire che sarebbe saltato tutto. Dopo avergli regalato un mare di pubblicità gratuita che, se fosse stata ospitata da un quotidiano o in prima serata televisiva, sarebbe costata un tombola.
Storie di scatole cinesi. Ma anche di rompiscatole, dobbiamo essere sinceri. I rompiscatole sono quelli che, mandati in avanscoperta chissà da chi, sono pronti a gufare a meno di un mese dal closing per la cessione del Milan. Qualcuno li ha battezzati, altrimenti non vedrebbero nubi senza spiegare chi li ha create e perché. Altrimenti non parlerebbero a vanvera, magari collegati da Milanello, per spiegare che “non è detto che sia tutto chiaro, non è scontato che il passaggio da Berlusconi ai nuovi azionisti sia automatico”. Senza spiegare perché e per come. Come se oggi qualcuno scrivesse o dichiarasse che entro fine anno qualcuno farà una rapina in una filiale importante di una città tra le più grandi d’Italia. Così, un allarmismo creato al volo, ma anche alla larga da qualsiasi motivazione.
La vicenda Milan contiene un buffo e goffo tentativo di creare quel pathos, misto a terrore, in grado di condizionare non poco chi è sul punto di annunciare qualcosa che equivale alla fine di un’epoca e all’inizio di un’altra. Hanno menato il torrone perché vogliono sapere, altrimenti non sopravvivono, chi sono i cinesi, qual è il loro capitale. E se continua così, magari, tra un po’ dove hanno studiato, quando vanno in vacanza, se hanno il Porsche o il Maserati, se mangiano carne o pesce, se si sono sposati due o tre volte. Sinceramente siamo ridicoli. E quando diciamo “siamo” vogliamo soltanto ribadire quanto sia complicato convivere – per corporativismo – con chi è lontano decine di migliaia di chilometri da quello che è il tuo pensiero. E sarebbe il caso di aggiungere “per fortuna”.
Chi vuole conoscere le generalità dei nuovi proprietari del Milan, eppure basterebbe avere altre tre settimane circa di pazienza, magari è lo stesso che aveva urlato al mondo l’imminente svolta firmata Mr Bee. Oppure è lo stesso che, quando deve giustificare Galliani, sa come trovare uno specchio per arrampicarsi. In altri casi, amen. Siamo (sono) ridicoli perché è lo stesso sport,  ignobile, di chi parla sempre dopo un risultato e mai prima. Troppo facile, ci riuscirebbe anche un bambino di cinque anni. E anche se avessero nomi più cognomi dei predestinati al trono rossonero, non interromperebbero la scalata verso il nulla e si inventerebbero mille altre cose. Se fossero seri, e non ridicoli, chiederebbero alla Figc di riscrivere regolamenti oggi assurdi. Assurdi perché prevedono penalizzazioni in qualsiasi momento dell’anno e invece non comprendono il controllo preventivo di chi è interessato a una società di calcio (così eviteremmo di perdere tempo dopo e di dare retta ai millantatori). Invece no, questo non interessa. E se interessa, siamo al minimo sindacale. Su queste cose non si può proteggere l’amico di una vita, magari con la riconoscenza che si deve – chissà perché – a chi merita e meriterà sempre di avere la giusta considerazione. E il privilegio mediatico.
Cosa faranno fino al 13 dicembre quelli che fingono di essere interessati al futuro del Milan ma – sotto sotto – il loro principale obiettivo è quello di fare casino? Scatole cinesi che presto apriremo. Rompiscatole in servizio permanente effettivo, nella speranza che presto qualcuno li spazzi via.