STEFANO PIOLI E LA SCOPERTA DELL’EUROPA
01.06.2015 | 11:33
“E’ il giorno più bello della mia carriera”. A pronunciare queste parole è stato Stefano Pioli al termine di una gara combattuta che ha visto Napoli e Lazio giocarsi la qualificazione in Champions League con trionfo finale dei biancocelesti. Un traguardo incredibile che, se si considera anche la finale di Coppa Italia persa solo ai supplementari contro la Juventus campione d’Italia, certifica l’incredibile lavoro svolto dal tecnico in questa stagione eleggendolo come la vera rivelazione, almeno per quanto riguarda gli allenatori, di questo campionato. Ma la storia di Stefano Pioli è la storia di un ex giocatore, come ormai ce ne sono tanti sulle panchine di A, che però rispetto a molti suoi colleghi ha davvero dovuto sudare per guadagnarsi panchine e traguardi così importanti. Ma andiamo con ordine.
Il nostro viaggio inizia a Salerno nella stagione 2003-2004: dopo una carriera da calciatore che lo ha visto vestire maglie prestigiose come quelle del Parma, della Juventus e della Fiorentina, e dopo aver allenato per 4 anni le giovanili di Bologna e Chievo, l’ex difensore diventa il tecnico della Salernitana. Dopo l’esperienza a Salerno e quella di Modena, arriva la prima panchina in serie A: Pioli viene scelto come allenatore del Parma, squadra della città in cui è nato. Da quel giugno del 2006 in cui è diventato allenatore dei ducali ad oggi la carriera del tecnico è stata fatta di alti e bassi con le esperienze con Grosseto, Piacenza, Sassuolo, Chievo, Palermo e Bologna. In Sicilia in particolare accade qualcosa di paradossale: arrivato il 2 giugno viene esonerato il 31 agosto, dopo l’eliminazione dei rosanero dall’Europa League, con campionato ancora da iniziare. Quello forse è stato il momento più duro della carriera di Pioli. Dopo Bologna però arriviamo all’inizio di questa stagione quando è la Lazio ad affidargli una nuova importantissima chance, offrendogli un contratto annuale con rinnovo in caso di qualificazione alle coppe, obiettivo giustificato chiaramente dal blasone di una squadra come la Lazio che, visti i valori di formazioni come Juventus, Napoli e i rivali della Roma, punta almeno inizialmente alla qualificazione all’Europa League, “l’Europa minore”.
Pioli però trasforma il club biancoceleste in una macchina da guerra: tira fuori il meglio da Candreva, contribuisce all’esplosione di Felipe Anderson, trasforma Parolo e Biglia in due dei migliori centrocampisti del campionato, riesce a fare a meno di Klose e Djordjevic spesso indisponibili, incalanando vittorie su vittorie. Sono otto i successi consecutivi che porteranno la Lazio a sognare in grande, accorciando sempre di più la distanza da quei “cugini” giallorossi che avevano iniziato decisamente meglio visti anche gli importanti investimenti sul mercato delle ultime stagioni. Un sogno che è diventato sempre più reale, anche quando alla 37esima giornata si è giocato il derby: alla Lazio sarebbe bastato il pareggio per avere la certezza della qualificazione in Champions come terza ed evitare il rischio di vederla sfumare proprio all’ultima giornata, ma Pioli vuole che i suoi provino a giocarsi il tutto per tutto, visto anche quanto è sentita la gara dai tifosi, per provare a superare pure la Roma in classifica. Il match darà ragione ai ragazzi di Garcia che riusciranno a vincere grazie al goal di Yanga-Mbiwa nei minuti finali. Altro punto basso della carriera – almeno nel fascicolo ‘Lazio’ – di Pioli. Quando tutto sembra crollare, quando tutto sembra andare a sfavore e la pressione potrebbe risultare troppo pesante si vedono i grandi condottieri. Così è stato per il tecnico emiliano che,in un match delicatissimo contro un Benitez deciso a chiudere bene davanti ai propri tifosi, è riuscito a sbancare il San Paolo vincendo per 2-4 in quello che di fatto era uno spareggio per la qualificazione “all’Europa che conta“. Nel giro di una settimana così si arriva a quello che è invece uno dei punti più alti della sua carriera o, come direbbe lui, uno dei giorni più belli. La Lazio torna in Champions dopo 8 lunghissimi anni, poco importa se dalla porta di servizio – quei preliminari che tante insidie possono nascondere – l’impresa di Pioli rimane comunque incredibile, come incredibile è stata la striscia di vittorie e la corsa all’inseguimento delle prime posizioni da parte dei biancocelesti. Non c’è spazio per i rimpianti in una stagione come questa, se non per quella finale di Coppa Italia che avrebbe potuto coronare con un trofeo il lavoro dell’allenatore ex Bologna e dei suoi ragazzi. Quel che conta però è che, come un novello Colombo del mondo del calcio, Pioli ha preso per mano la Lazio e l’ha portata dai confini territoriali del nostro paese a (ri)scoprire l’Europa, quella che conta.