Di solito si dice che la vendetta è un piatto che va servito freddo. Nulla di più giusto, nulla di più spietato. Ma nel caso di Stephan El Shaarawy, più che di vendetta si dovrebbe parlare di rivincita. Nessun rancore alle spalle, nessun "regolamento di conti" da espletare sul rettangolo verde. Semplicemente, le cose sono andate come sono andate. Ieri sera, magic moment del suo sbarco a Fiumicino con tanto di foto e tweet emblematici, lo si poteva leggere nei suoi occhi. "Mi sa davvero che sei tu la volta che non sbaglio più", avrebbe cantato qualcuno. Spalletti e tutto l'ambiente Roma si augurano che una semplice citazione musicale si trasformi da subito in vantaggiosa profezia calcistica. Perché sì, il Faraone vuole definitivamente abbandonare il suo sarcofago. Un fardello troppo pesante sugli ultimi due anni e mezzo di carriera. Il suo approdo nella Capitale rientra in un disegno sabatiniano ormai chiaro a tutti, almeno per quanto riguarda il reparto offensivo. Via Gervinho, dentro due esterni. Uno è già arrivato, per l'altro (Perotti) l'assalto è già partito. L'obiettivo è di risollevare una stagione che già a gennaio sembra aver preso il binario morto dell'anonimato. Eliminazione dalla Coppa Italia per mano dello Spezia, proibitivo ottavo di finale di Champions contro il Real Madrid, quinto posto in campionato a meno 12 dal Napoli capolista, dopo un inizio che lasciava presagire ben altre prospettive. Con El Sha potrebbe arrivare il tanto atteso cambio di marcia? Forse. Quello che è certo è che nel 4-2-3-1 che la Roma adotterà da qui in avanti, l'italo-egiziano potrebbe trovare il suo habitat naturale, agendo come esterno dietro l'unica punta Dzeko (o Sadiq, di questi tempi nulla è scontato). E magari ritrovare quei guizzi vincenti, quelle giocate di classe e quella proverbiale rapidità nello stretto e sul breve ormai sbiaditi come una cartolina datata, spedita e mai arrivata al destinatario.
Quando il Milan, nell'estate del 2011, lo prelevò dal Genoa dopo l'ottima annata a Padova, quasi tutti erano consapevoli di essere davanti a un potenziale umano difficilmente riproducibile altrove vista la sua giovane età (all'epoca di anni ne aveva appena 19). Prima di quel gratificante upgrade, Stephan aveva sì dimostrato il suo notevole talento, ma non in contesti così probanti. L'esordio in serie A era arrivato tre anni prima con i rossoblù (e Preziosi non ha mai nascosto la soddisfazione per il merito di averlo lanciato nel grande calcio), ma in appena tre presenze aveva avuto appena il tempo per entrare nella storia del club rossoblù in qualità di più giovane esordiente nella massima categoria (16 anni, 1 mese e 24 giorni). Erano gli anni d'oro della Primavera Grifone, con cui al termine di quella stagione alzò al cielo Coppa Italia e Supercoppa, conquistando dodici mesi dopo anche lo scudetto con tanto di gol in finale ai danni dell'Empoli. Poi il prestito in B a Padova, autentico crocevia della sua carriera. Anche se con sole 7 reti in 25 presenze (a causa di una tendinopatia rotulea bilaterale che lo costringerà a stare fuori da ottobre a gennaio), gli osservatori del Milan lo notano e lo segnalano a chi di dovere. E i rossoneri non perdono tempo: 7 milioni di euro più il cartellino di Alexander Merkel, la sua vita si trasforma all'ombra del Duomo. Da qui in poi tante luci e (purtroppo) anche ombre. La conquista della Nazionale maggiore, i 16 centri della stagione 2012/2013 (chiusa al terzo posto nella classifica marcatori dietro Di Natale e Cavani) e una continuità ad altissimi livelli lo rendono tra gli elementi di maggior spicco dell'intero movimento calcistico italiano. Poi ecco arrivare i problemi, soprattutto di natura fisica: la lesione muscolare al bicipite femorale, la microfrattura al quarto osso metatarsale del piede sinistro (con tanto di ricaduta) e poi del quinto osso. Tradotto in numeri, nei suoi ultimi due anni al Milan appena 28 presenze e 4 reti tra tutte le competizioni. Tanti saluti all'Italia, la prima tappa della sua rivincita si colloca nel Principato di Monaco. L'inizio è confortante, con la rete allo Young Boys nella gara di ritorno del terzo turno preliminare di Champions. Da lì in poi, buio totale. Il resto è storia recente, con il club monegasco che volutamente non gli concede più di 24 presenze per evitare il riscatto obbligatorio da 13 milioni di euro. Adieu France, bentornata Italia. Niente riscatto economico? Poco male. L'unico riscatto che ora frulla nella testa di El Sha non ha nulla a che vedere con i soldi. E già da domenica vuole dimostrarlo a tutti.
Foto: El Sha on Twitter