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Stipendi calciatori: la posizione degli avvocati Stendardo e Lubrano

23.03.2020 | 23:59

L’avvocato Enrico Lubrano (Titolare di Insegnamento di Diritto dello Sport presso l’Università LUISS Guido Carli e Titolare della Commissione di Diritto dello Sport presso l’Ordine degli Avvocati di Roma) e l’avvocato Guglielmo Stendardo (ex calciatore professionista, Assistente all’Insegnamento di Diritto dello Sport presso l’Università LUISS Guido Carli e Componente della Commissione di Diritto dello Sport presso l’Ordine degli Avvocati di Roma) prendono posizione sull’ipotesi formulata dalla Lega Calcio di Serie A di sospendere il pagamento degli stipendi dei calciatori per il mese di marzo 2020, in conseguenza della situazione emergenziale sanitaria e della provvisoria sospensione del campionato. “L’ipotesi formulata dalla Lega Calcio di Serie A risulta del tutto priva di fondamento giuridico, non trovando alcuna base nella normativa di riferimento (art. 4 della Legge n. 91/1981 e Accordo Collettivo tra Lega Nazionale Professionisti di Serie A e Associazione Italiana Calciatori – evidenziano Lubrano e Stendardo -. In particolare, la misura della sospensione dello stipendio è prevista dall’art. 5.5. dell’Accordo Collettivo solo in quattro ipotesi tassative (sanzioni disciplinari per illecito sportivo, per violazione del divieto di scommesse, per violazione della normativa antidoping, nonché per indisponibilità del calciatore per effetto di provvedimenti dell’Autorità Giudiziaria)”.

“Laddove non ricorra alcuna di queste quattro ipotesi tassative, l’eventuale sospensione degli stipendi dei calciatori, da parte di una (o più) Società di Serie A, espone la stessa:
1) ad un’azione per la risoluzione del contratto da parte del calciatore, come previsto dall’art. 13.1. dell’Accordo Collettivo;
2) all’obbligo di pagare, oltre al rateo stipendiale, anche rivalutazione monetaria ed interessi legali, come disposto dall’art. 5.4. dell’Accordo Collettivo”.

“Né risulta, allo stato attuale, ipotizzabile una quinta ipotesi di sospensione degli stipendi dei calciatori, visto il carattere esaustivo (e non esemplificativo) delle quattro ipotesi specificamente indicate dal richiamato art. 5.5. dell’Accordo Collettivo“, aggiungono gli avvocati Stendardo e Lubrano. “Risulta, peraltro, allo stato attuale, che – al di là della provvisoria sospensione del campionato – i calciatori stanno continuando ad ottemperare ad i propri obblighi contrattuali, ai sensi dell’art. 10.1. dell’Accordo Collettivo, ovvero ad effettuare gli allenamenti ‘nell’ambito dell’organizzazione predisposta dalla Società e con l’osservanza delle istruzioni tecniche e delle altre prescrizioni impartite per il conseguimento degli scopi agonistici’”.

“Diversa potrà essere l’opportunità di riconsiderare i profili giuridici ed economici del rapporto tra calciatori e Società, al momento in cui si sarà definito l’impatto finale della situazione emergenziale sul regolare svolgimento delle competizioni: in particolare:
1) laddove Campionato e Coppe Europee si concludessero regolarmente – con l’espletamento di tutte le relative gare previste dai rispettivi Calendari originari, seppure in un momento successivo alle date originariamente previste e comunque prima della fine della stagione agonistica (30 giugno 2020) – allora non vi sarebbero ragioni giuridiche per non rispettare il contenuto originario dei contratti di prestazione sportiva;
2) laddove Campionato e Coppe Europee non si concludessero regolarmente – ovvero non si potesse materialmente effettuare l’espletamento di tutte le relative gare previste dai rispettivi Calendari originari, neanche in un momento successivo alle date originariamente previste e comunque prima della fine della stagione agonistica (30 giugno 2020) – allora le Società potrebbero chiedere la restituzione della prestazione economica già erogata per ‘sopravvenuta impossibilità della prestazione dovuta’, ai sensi dell’art. 1463 c.c. oppure chiedere ai calciatori la c.d. ‘reductio ad equitatem’, per ‘eccessiva onerosità sopravvenuta’, ai sensi dell’art. 1467 c.c.”.

“C’è poi un altro aspetto da considerare, quello morale che è diverso da quello giuridico: il calciatore – e ci riferiamo solo ed esclusivamente alla categoria di quelli super pagati e più precisamente coloro i quali guadagnano oltre la media – volendo potrebbero autonomamente relegare una parte dello stipendio al solo scopo benefico e fronteggiare così, anche con il loro aiuto, l’emergenza sanitaria”, concludono gli avvocati Stendardo e Lubrano.

 

Foto: Twitter ufficiale Champions League