Ci sono giocatori in grado di fermare il tempo, Jermain Defoe è uno di quelli. Ieri attaccante, che va ormai per i 35 anni, tornava in Nazionale a 1228 giorni dall’ultima volta. Dopo l’amichevole del 15 novembre del 2013, persa contro il Cile, era uscito dal giro di Hodgson, ma Southgate lo ha ripescato in nome della meritocrazia. Già, perché con 14 reti nella corrente edizione della Premier, il bomber del Sunderland è il secondo più “anziano” nelle posizioni che contano della classifica cannonieri, soltanto un certo Zlatan Ibrahimovic finora ha fatto meglio di lui, appena un gol in più. Meritocrazia ai massimi livelli, dal momento che, con il totem Harry Kane fuori causa per infortunio, il nuovo ct lo ha preferito inizialmente al più fresco Jamie Vardy, l’eroe del Leicester della scorsa stagione. Ebbene, Jermain ha impiegato appena 22 minuti per bagnare nel migliore dei modi il ritorno con la numero 9 dei Tre Leoni: un gioco da ragazzi per lui il piattone su assist di Sterling, quasi un rigore movimento per l’1-0 alla non irresistibile Lituania, nel match valido per le qualificazioni ai Mondiali poi conclusosi sul 2-0 (con raddoppio siglato proprio da Vardy, che lo ha sostituito nella ripresa).
Ma dell’avversario, a chi vive per segnare, importa relativamente. L’importante è esultare, meglio ancora se puoi farlo in un’occasione davvero speciale. Perché quello che ancora non vi abbiamo detto è che ieri Defoe è uscito dal tunnel con il suo amico Bradley Lowery, il bimbo tifosissimo del Sunderland che sta lottando contro il cancro ed al quale tutta la squadra dei Black Cats - e l’idolo Jermain in particolare - stanno mostrando tutto il loro cuore. Coinvolgendolo allo Stadium of Light, ma anche andandolo a trovare a casa o in ospedale per rendergli più leggere le cure. La storia del piccolo Brad, così, ha consumato un altro capitolo indimenticabile. Ieri l’asticella calcistica si è alzata ancora: l’invito a Wembley - per fungere da mascotte - da parte di Defoe, attivissimo nel sociale anche a prescindere con la fondazione a favore dei più deboli che porta il suo nome, non poteva che venire accolto con entusiasmo dal piccolo Brad, nei cui occhi si sono persi tutti coloro che hanno assistito all’emozionante prepartita, con Joe Hart (capitano per l’occasione) a cedere il passo ai due nel tunnel. “E’ stato perfetto entrare a Wembley in testa al gruppo con il mio migliore amico”, le parole di Jermain a fine partita.
Servirebbe quasi una monografia per ripercorrere, in maniera analitica, le tappe che hanno contraddistinto la carriera del nostro personaggio del giorno, ma intanto, per mettere un primo paletto, giova sottolineare come Jermain, nato a Londra il 7 ottobre del 1982 da genitori di origini caraibiche, sia il settimo bomber della storia della Premier League con le sue 157 reti messe a segno nel massimo campionato. Prossimo obiettivo: superare Robbie Fowler, fermatosi a 163, mentre Alan Shearer - che guida la speciale classifica a quota 260 - resterà irraggiungibile. Cresciuto nel vivaio del Charlton, per poi completare la formazione nel settore giovanile del West Ham, Defoe esplode nella stagione 2000-2001 tra le file del Bournemouth (ai tempi in cadetteria) che lo aveva accolto in prestito dagli Hammers. Rientrato alla base, diventa un beniamino del vecchio Upton Park ma poi lascia di stucco i tifosi, storia del gennaio 2004, trasferendosi ai rivali del Tottenham per 6 milioni di sterline più il cartellino di Bobby Zamora (che recentemente ha annunciato il ritiro). Nel primo quadriennio agli Spurs Jermain mette le mani sull’unico trofeo levato al cielo, la Coppa di Lega del 2008. Anno nel quale passa in prestito al Portsmouth, imponendosi anche come trascinatore dei Pompey ma senza poter fregiarsi dello storico trionfo in FA Cup (il regolamento glielo impedì, essendo già sceso in campo nella competizione con il Tottenham). Nel 2009 subisce il duro colpo dell’omicidio del fratellastro Jade, morto in seguito ad una aggressione subita nella Capitale. E, calcisticamente parlando, l’agile attaccante (170 cm per 66 kg) torna a White Hart Lane per l’atto II nel nord di Londra, altri cinque anni di gioie in area di rigore prima della svolta datata 2014. Il 28 febbraio Defoe saluta infatti l’Inghilterra per firmare con il ricco Toronto, scelta apparsa tutto sommato comprensibile con oltre 31 primavere sulle spalle. L’esperienza in Major League Soccer, però, dura poco. Meno di anno. Troppa la voglia di calcio “vero”, irresistibile il richiamo del suo habitat naturale, la Premier League. E così il 16 gennaio del 2015 il Sunderland ne annuncia l’acquisto, facendogli sottoscrivere un contratto di tre anni e mezzo e, nell’ambito dell’operazione, rimpatriando negli Stati Uniti Jozy Altidore. Grazie ai suoi 18 gol l’anno scorso i Black Cats si sono salvati per il rotto della cuffia, anche in questa stagione la situazione è complicatissima: Jermain sin qui ha messo a referto più della metà delle reti segnate dalla squadra di Moyes in campionato (24), ma l’attuale ultimo posto, a meno 7 dalla zona salvezza, sta facendo vivere i peggiori incubi ai tifosi della compagine del Tyne and Wear. Defoe sarà chiamato agli straordinari da qui a maggio, ma intanto ieri è riuscito a riabbracciare quella Nazionale che lo aveva visto esordire, con Eriksson in panchina, nel lontanissimo marzo 2004: 56 presenze e 20 reti, questo lo score con i Three Lions dell’attaccante londinese, che invece a livello di club - in tutte le competizioni - è andato a bersaglio nel complesso 234 volte nelle 593 partite disputate. Il fisico lo sostiene bene e la speranza di tutti gli appassionati è che Jermain Defoe, il bomber dal cuore grande, continui a calcare i manti erbosi ancora a lungo: di personaggi come lui, il calcio, ne avrebbe bisogno in quantità industriale.