Storie Mondiali. 1934: trionfo azzurro tra le polemiche
14/03/2014 | 11:13:00

I Mondiali sono sempre più vicini. Abbiamo pensato di riproporvi il racconto delle singole edizioni, partendo dal 1930. Una cavalcata emozionante che ci porterà all’evento brasiliano dopo aver ripercorso le tappe più significative dell’appuntamento da sempre più atteso.
Amici sportivi vi parlo dallo stadio del Partito in Roma dove sta per disputarsi l’incontro finale di questa seconda Coppa del Mondo. Sono di fronte Italia e Cecoslovacchia.
Alla radio, è Nicolò Carosio che vi parla. Il radiocronista che ha fatto sognare gli italiani in ascolto. Con la sua passione e il suo stile inconfondibile ha emozionato quanti allo stadio non c’erano. Rete e non gol, angolo e non corner, traversone e non cross: parole italiane risuonano, la terminologia inglese è stata vietata. E’ il primo Mondiale che viene trasmesso alla radio. Il primo Mondiale, quello del 1934, ad assumere dimensioni spettacolari e grande risonanza internazionale.
Paese ospitante: Italia. Occasione troppa ghiotta per lasciarsi sfuggire questa opportunità. Nonostante le difficoltà economiche si mette in moto una macchina organizzativa imponente. Non si gioca più in un solo stadio come quattro anni prima, ma in otto. Alcuni vengono ristrutturati, altri costruiti. Tutte le infrastrutture vengono potenziate, creati numerosi servizi intorno agli stadi. Bisognava accogliere trentadue squadre iscritte. Con tanto di giornalisti al seguito. Una tale competizione andava poi sponsorizzata con vere e proprie campagne pubblicitarie. Per l’occasione vengono coniati francobolli speciali, messi in vendita pacchetti di sigarette con le immagini del Mondiale, i biglietti delle partite stampati su carta particolare per essere conservati come ricordo. Treni scontati fino al 70% per attrarre più gente possibile. Il Mondiale diventa vetrina per esibire al mondo l’immagine di una nazione forte, efficiente che può vantare una squadra di calcio valorosa composta da atleti forti e sani. E possibilmente vincenti. La politica si serve del calcio come strumento di propaganda.
L’Uruguay è il grande assente. Il Campione del Mondo in carica. Episodio unico nella storia dei Mondiali, non succederà più che la squadra vincitrice nella precedente edizione non disputi nella successiva. Motivazione: ripicca. L’Italia e molte nazionali europee avevano disertato quattro anni prima l’invito dell’Uruguay. Assente anche l’Inghilterra, per la seconda volta, per snobbismo o per protesta. Non poteva accettare, in una competizione internazionale, la presenza di stati usciti sconfitti dalla guerra. L’Argentina partecipa ma invia una squadra di dilettanti, forte è il timore, tra l’altro fondato, che i suoi campioni fossero circuiti dalle squadre italiane e non facessero più ritorno in patria. A differenza di quanto accadde in Uruguay, c’è bisogno di una fase di qualificazione per determinare le sedici squadre che avrebbero avuto accesso alla fase finale. Anche l’Italia, seppur paese ospitante, partecipa alla fase di qualificazione, giocandosela con la Grecia e vincendo 4-0. Negli ottavi di finale l’Italia affronta gli Stati Uniti, dominando con un importante 7-1. A dirigere gli azzurri un grande allenatore, Vittorio Pozzo, figura carismatica, inflessibile e rigorosa con i suoi giocatori e al tempo stesso psicologo e grande motivatore, studia attentamente le squadre avversarie per mettere in campo la strategia vincente.
Ai quarti di finale l’Italia affronta la Spagna, la temutissima Spagna, difesa dal “divino” Zamora, il portiere che ipnotizza gli avversari. La partita, combattutissima fisicamente, termina 1-1 ai tempi supplementari, Ferrari per l’Italia e Regueiro per la Spagna. I calci di rigore non sono ancora contemplati, quindi la partita si rigioca il giorno dopo. La tensione è alle stelle. In campo scendono due squadre rivoluzionate, la stanchezza e gli infortuni impongono sette cambi di giocatori per la Spagna e quattro per l’Italia. L’assenza più clamorosa, quella di Zamora. Affaticamento o febbre improvvisa a causa di pressioni dall’alto per favorire gli azzurri? In effetti tutta la partita sarà oggetto di polemiche, specie sull’arbitraggio. Al direttore di gara, lo svizzero Mercet, troppo benevolo con gli azzurri, al suo rientro in patria lo attende una brutta sospensione. La gara è risolta dal grande Giuseppe Meazza che sblocca il risultato con un gol al 12′ del primo tempo.
Dubbi di favoritismo aleggiano anche sulla semifinale Italia – Austria. Si gioca a San Siro che è stracolmo. A firmare la rete della vittoria per l’Italia (1-0) è Guaita. L’azione è a dir poco rocambolesca. Schiavio salta in dribbling mezza difesa austriaca, dimostrando di avere un repertorio importante, il resto lo fa Meazza con furbizia e tempismo, ingannando il portiere Platzer e consentendo a Guaita di trovare il vantaggio. L’arbitro, lo svedese Eklind che non ha mai nascosto le sue simpatie per Mussolini, assolve Meazza parlando di scontro involontario.Temo l’Italia, ma temo molto di più l’arbitro ha dichiarato prima della gara il ct dell’Austria Hugo Meisl.
Roma, 10 giugno 1934. Allo stadio del Partito Nazionale Fascista, si gioca la finale, Italia – Cecoslovacchia. Pozzo schiera gli stessi undici della semifinale. La Cecoslovacchia vanta campioni di alto livello tecnico come il portiere Planicka e il capocannoniere del torneo Nejedly, e ancora Krcil, Junek, Puc, Svoboda. L’arbitro è quello stesso Eklind della semifinale. Cinquantamila spettatori assistono allo spettacolo, in tribuna d’onore Mussolini, Rimet e le principesse di Savoia, Maria e Mafalda. Dopo il saluto romano Eklind fischia il calcio d’inizio. L’Italia soffre. Ne approfitta Puc che al 71′ mette in rete sorprendendo il capitano Combi. Silenzio. Il sogno sembra svanire per l’Italia di fronte al dominio dei cechi. Ma gli azzurri sono combattenti, coraggiosi e sanno che bisogna lottare fino all’ultimo. E’ Pozzo che lo ha insegnato. Ora, però, tocca dimostrarlo. Comincia Orsi, a dieci minuti dalla fine dà sfogo alla fantasia e sigla il pareggio. Supplementari. Tutto si riapre. Il tifo azzurro si fa sentire caricando i giocatori stanchissimi. Pozzo deve fare qualcosa, Schiavio è sfinito. Intuizione. Lo sposta sull’ala per farlo riposare, visto che le sostituzioni non sono ammesse. Guaita prende il suo posto al centro. Guaita gli lancia un assist che Schiavio capitalizza, insaccando di destro. Dopo soli 5’ dall’inizio dei supplementari. E’ il gol della vittoria, 2-1. Talmente bello che Schiavio sviene. Talmente unico da lasciare per sempre la Nazionale con quell’immagine. Dopo questo, cosa potrei fare di più? Italia Campione del Mondo.
Patrizia Liso
IL TABELLINO DELLA FINALE Italia-Cecoslovacchia 2-1 (d.t.s.)
Italia: Combi, Monzeglio, Allemandi, Ferraris IV, Monti, Bertolini, Guaita, Meazza, Schiavio, Ferrari, Orsi. C.T.: Vittorio Pozzo.
Cecoslovacchia: Planicka, Zenisek, Ctyroky, Kostalek, Combal, Krcil, Junek, Svoboda, Sobotka, Nejedly, Puc. C.T.: Karel Petru.
Arbitro: Eklind (Svezia)
Marcatori: Puc 70’ (CZC), Orsi 80’ (ITA), Schiavio 95’ (ITA)
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