Storie Mondiali. 1966: per l’Italia soltanto…. pomodori

16/05/2014 | 14:14:00

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I Mondiali sono sempre più vicini. Abbiamo pensato di riproporvi il racconto delle singole edizioni, partendo dal 1930. Una cavalcata emozionante che ci porterà all’evento brasiliano dopo aver ripercorso le tappe più significative dell’appuntamento da sempre più atteso.

 

Mai sottovalutare un avversario sulla carta più debole. E l’Italia commette questo errore di valutazione ai Mondiali del 1966.

Il teatro della competizione è l’Inghilterra. Lì dove tutto è cominciato, la patria del football che vanta una supremazia, almeno interna, fino al 1953 quando crolla l’home record ad opera dell’Ungheria. E’ l’occasione giusta per riaffermare il proprio valore offuscato negli ultimi anni. Un impegno o una promessa ribadita dal ct inglese Alf Ramsey, dal ’62 alla guida della Nazionale, “Vinceremo i Mondiali del 1966“. Sul piano organizzativo la superiorità è ineccepibile. L’Inghilterra vanta stadi belli, confortevoli e all’avanguardia in grado di accogliere un vasto pubblico. Per la prima volta viene creato un logo ufficiale e compare una mascotte, il leone Willie. L’efficiente macchina organizzativa risolve qualunque problema. Il 20 marzo, durante una manifestazione, viene rubata la Coppa. Si procede subito alla realizzazione di una copia che, per fortuna, non sarà utilizzata perché l’originale sarà ritrovata in tempo, avvolta in un giornale, in un parco londinese dal cagnolino Pickles.

Questa è la cornice in cui si consuma la disfatta dell’Italia, inserita nello stesso girone di Cile, Urss e Corea del Nord. Si comincia bene con il Cile (2-0), una vittoria che ha il sapore della rivincita, vendicando la “Battaglia di Santiago” di quattro anni prima. Il ct azzurro, Edmondo Fabbri, non è però pienamente soddisfatto e contro l’Urss, a sorpresa, decide di non schierare i difensori interisti di Herrera tra cui Picchi, considerati i migliori. Antipatia? La mancanza di obiettività porta alla sconfitta, gli azzurri subiscono il gol di Cislenko. Per accedere ai quarti occorre battere la Corea del Nord, avversario così poco temibile, qualificatosi quasi per caso. Proverbiale l’affermazione di Ferruccio Valcareggi, osservatore azzurro e vice di Fabbri, “Corrono, corrono, sembrano Ridolini“. Ma loro corrono perché il dittatore Kim Il Sung li aveva avvertiti che per vincere “Dovrete correre velocemente e tirare con precisione“. Lungimirante il ct della Corea che in conferenza stampa, alla vigilia dell’incontro si lascia andare “Se l’Italia è quella vista contro il Cile e l’Urss, non c’è dubbio su chi vincerà”.

La verità è che l’Italia è in confusione, all’interno ci sono troppe divisioni e incomprensioni tra i veterani e “quelli che non contano nulla” (Riva). Lo stesso Fabbri, che pagherà in prima persona, preferisce mandare in campo il suo pupillo Bulgarelli, nonostante un infortunio al ginocchio. Dopo mezzora viene colpito proprio lì e lascia la squadra in dieci. L’Italia fallisce diverse occasioni e crolla definitivamente con il tiro di Pak Doo Ik che diventa famoso per la leggenda che ne scaturisce: gol fatto da un dentista. Ma questa è favola, la realtà è che era un ex tipografo, inquadrato nell’esercito. Anni dopo, ricordando quella rete, dirà “La vittoria con l’Italia fu una sorpresa per tutti, ma non per noi”.

L’Italia torna a casa, investita da polemiche e pomodori.

Non migliore sorte tocca al Brasile, Campione in carica. Dopo l’incontro con la Bulgaria, viene sconfitto dall’Ungheria e dal Portogallo. Pelè si infortuna nella prima gara ma accetta comunque di giocare con il Portogallo con il ginocchio fasciato. Resiste poco, diventa bersaglio da fare fuori, Morais lo colpisce nel punto dolente mentre per l’arbitro non è successo nulla.

La squadra rivelazione del Mondiale è proprio il Portogallo che vanta un fuoriclasse come Eusebio, Pallore d’oro l’anno prima e capocannoniere in questa competizione con nove reti. E’ la Pantera Nera, soprannome che gli calza a pennello per la velocità dei movimenti a cui si aggiunge quella straordinaria capacità di controllare la palla, propria di un giocoliere. E’ lui il campione europeo da contrapporre a Pelè. Bandiera della sua Nazionale, dopo aver fatto crollare nei quarti le illusioni dei coreani (5-3) mettendo a segno ben quattro gol, la trascina sino alle semifinali contro i padroni di casa dove però la maestria di un formidabile Bobby Charlton che firma una doppietta interrompe la corsa. Nulla può Eusebio, suo il gol su rigore, se non abbondonare il sogno con le lacrime agli occhi e accontentarsi del terzo posto.

L’Inghilterra è in finale insieme alla Germania Ovest che si è sbarazzata dell’Urss: nonostante l’esperienza di Yashin, i tedeschi colpiscono con Haller e con un tiro sorprendente da venti metri del giovane Franz Beckenbauer. La rete del russo Porkujan può solo ridurre lo scarto reti.

Il 30 luglio lo stadio di Wembley è gremito, centomila spettatori assistono carichi al match, compresa la regina Elisabetta II. Due protagonisti si fronteggiano, Charlton, il forte attaccante del Manchester United e Beckenbauer, il Kaiser, che sarà per ben due volte Pallone d’Oro. I due campioni si annullano a vicenda conferendo alla partita un certo equilibrio. I gol si susseguono come un tam tam: prima la Germania con Haller poi l’Inghilterra con Hurst. E ancora negli ultimi minuti, prima l’inglese Peters poi il tedesco Weber. Supplementari.

La tensione cresce, ancora pochi minuti per decidere tutto. Parte un potentissimo tiro di Hurst che si libera di Schulz che lo marca a vista, la palla colpisce la traversa e rimbalza in campo. Pronto Weber a lanciarla in angolo. Il portiere tedesco Tilkowski è attonito mentre gli inglesi esultano. Mentre Hurst si agita festoso. E’ gol! Non è gol? Per la storia, gol fantasma!

L’arbitro svizzero Diens i dubbi ce li ha, dalla sua posizione non poteva vedere bene. Si affida al guardalinee russo Bakramow, in realtà arbitro, ma pur di esserci e di incidere in questa finale anche guardalinee. Sembra che questa presenza gli sia costata due vasetti di caviale per corrompere un membro della commissione designatrice. Perché far pagare la Germania? O per vendetta, la Germania ha eliminato l’Urss in semifinale o per rancori politico-militari, avendo combattuto contro i tedeschi nelle file dell’Armata Rossa. Comunque sia, a gesti, Bakramow non conosce né il tedesco né l’inglese mentre Diens non parla il russo, indica che la palla è entrata. L’arbitro convalida, è 3-2! Gli inglesi euforici vanno di nuovo in gol con Hurst che è l’unico giocatore ad aver segnato una tripletta in una finale dei Mondiali.

Il gol fantasma compromette e condiziona tutto il finale. Il vincitore non era affatto scontato. Ma Ramsey lo aveva promesso. E la regina Elisabetta II può consegnare la Coppa ai suoi giocatori, alla sua terra. Lì dove tutto è cominciato.

                                                                                                               PATRIZIA LISO

 

 

 

TABELLINO DELLA FINALE

Inghilterra-Germania Ovest 4-2 (d.t.s.) (Londra, 30 luglio 1966)

Inghilterra: Banks, Cohen, Wilson, Stiles, J.Charlton, Moore, Ball, Hurst, R.Charlton, Hunt, Peters. C.T.: Alf Ramsey.

Germania Ovest: Tilkowski, Hottges, Schnellinger, Beckenbauer, Schulz, Weber, Haller, Seeler, Held, Overath, Emmerich. C.T.: Helmut Schon.

Arbitro: Diens (Svizzera)

Marcatori: Haller 12’ (GER), Hurst 18’ (ING), Peters 78’ (ING), Weber 90’ (GER), Hurst 101’ (ING), Hurst 120’ (ING)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

1a puntata: Storie Mondiali. 1930: il trionfo dell’Uruguay
2a puntata: Storie Mondiali. 1934: trionfo azzurro tra le polemiche
3a puntata: Storie Mondiali. 1938: l’Italia più forte di tutto
4a puntata: Storie Mondiali. 1950: Brasile, lacrime uruguayane
5a puntata: Storie Mondiali. 1954: Germania Ovest che sorpresa!
6a puntata: Storie Mondiali. 1958: riscatto e strapotere verdeoro
7a puntata: Storie Mondiali. 1962: vince il Brasile ma non il calcio