È finita la meravigliosa epopea di Andrea Pirlo sui campi di calcio: dopo oltre 22 anni di affreschi pallonari, si è chiusa in una notte newyorkese con Patrick Vieira a concedergli la passerella finale, in occasione dell’ininfluente vittoria contro il Columbus Crew. Ma a fronte dei 23mila spettatori, che allo "Yankee Stadium" hanno riservato la standing ovation al luminare della mediana, nel Bel Paese milioni di appassionati da ieri sono metaforicamente in piedi sul divano per rendere omaggio ad uno dei più forti calciatori dell’epoca recente, italiana e non solo. Il campione dal sorriso difficile, che però nello spogliatoio era un mattatore e sul rettangolo verde strappava applausi a scena aperta ad ogni latitudine, uno di quelli che vale da solo il prezzo del biglietto grazie alla licenza di disegnare calcio riservata ai veri eletti. Nato trequartista, o mezzapunta come si diceva una volta, fu collocato davanti alla difesa come regista basso da Carlo Mazzone, che in quel Brescia del 2001 aveva già Roby Baggio a fare la differenza negli ultimi 20 metri. “Perché rinunciare a cotanta grazia?”, pensò - verosimilmente in romanesco - sor Carlé ai tempi, quando ancora non poteva sapere che la sua formidabile intuizione per Pirlo, e successivamente per il Milan con il quale Andrea vinse tutto, sarebbe stata la svolta assoluta. Un romanzo affascinante, quello del genio nato a Flero (nel bresciano) il 19 maggio del 1979, pregno di giocate da urlo, aperture col compasso, punizioni letali e assist no look come quello che il 4 luglio del 2006 mandò in porta Fabio Grosso contro la Germania. Una storia che proviamo a riepilogare in numeri da leggenda, cifre in ordine sparso.
21 Come il giorno dell’esordio in Serie A (maggio 1995) con il Brescia già retrocesso, sostituendo Marco Schenardi nel match perso con la Reggiana. Ma anche come il numero di maglia che lui, più di ogni altro (Zidane lo indossò solo nei 5 anni alla Juve), ha ingentilito al punto da farlo cooptare nella nobiltà calcistica. E anche come quell’Under azzurra della quale è primatista di presenze (37) e reti (15).
16 Come gli anni che aveva al momento del debutto già citato, aggiungendo 2 giorni: fu il più giovane esordiente delle rondinelle in Serie A.
38 Anni e 171 giorni, questa l’esatta soglia anagrafica che segna l’addio al calcio di Andrea, unitamente a Xavi il più forte - a livello mondiale - play del nuovo millennio. Per distacco. E senza eredi all’orizzonte. Non ce ne vogliano i calciatori in attività.
756 Le gare ufficiali disputate con le 6 squadre di club delle quali ha difeso i colori: Brescia, Inter, Reggina, Milan, Juventus e New York City.
493 Le presenze in Serie A, 17° nella graduatoria all time, davanti ad altri miti come Del Piero (478), Franco Baresi (470) e Roberto Baggio (452); 115 invece le volte in cui è sceso in campo in Champions League.
116 le apparizioni con la maglia della Nazionale maggiore: la prima agli ordini del Trap il 7 settembre del 2002, uno spezzone contro l’Azerbaigian; l’ultima il 3 settembre del 2015, con in panchina quell’Antonio Conte che lo rivitalizzò alla Juve dopo che il Milan lo aveva scaricato a parametro zero. Presenze in abbondante tripla cifra, solo Buffon (173), Cannavaro (136) e Maldini (126) hanno indossato di più l’azzurro.
111 le reti messe a segno complessivamente in tutta la sua sfavillante carriera: 73 con i club, 38 con le Nazionali a partire dall’Under 16. Ben 48 di questi gol Pirlo li ha realizzati su calcio di punizione, marchio di fabbrica indelebile. In Serie A detiene il record a quota 28, al pari di Sinisa Mihajlovic.
1997 L’anno che vede il Professore realizzare il suo 1° gol in A, alla ventunesima giornata contro il Palermo.
2001 L’anno nel quale l’Inter, cedendolo ai cugini del Milan il 30 giugno in cambio del modesto Drazen Brncic più conguaglio, mette a segno probabilmente il più goffo autogol della storia moderna del calciomercato.
18 I titoli conquistati: 2 Champions League, 1 Mondiale per club, 2 Supercoppe Uefa (successi internazionali tutti in rossonero), 6 scudetti, 3 Supercoppe italiane, 2 Coppe Italia oltre all’Europeo Under 21 del 2000, agli ordini di Marco Tardelli, e naturalmente alla Coppa del Mondo.
3 I Mondiali e gli Europei disputati con la casacca dell’Italia.
2006 Giustappunto l’anno del trionfo iridato con gli azzurri di Lippi, contributo fattivo: 1 gol, il primo di tutta la competizione contro il Ghana, e 3 assist, contro Usa (per Gilardino), Germania (per Grosso, come detto) e Francia in finale (per lo stacco di Materazzi).
2011 L’anno del trasferimento a parametro zero alla Juventus, il Milan per gli over 30 contemplava solo rinnovi annuali, ipotesi respinta da Pirlo, che all’ombra dello Stadium risorge come l’Araba Fenice. Conte, fino a quel momento profeta del 4-2-4 o 4-4-2, per supportare la sua azione nella zona nevralgica cambia modulo e passa al celeberrimo 3-5-2 che farà le fortune sue e della Juve. Andato via don Antonio, Sua Maestà Pirlo si ritrovò come allenatore lo stesso Allegri che lo aveva scaricato in rossonero, non reputandolo più idoneo a giocare davanti alla difesa. Max naturalmente si ricredette.
2015 L’anno degli addii: alla Juventus, dopo la delusione della finale di Champions persa a Berlino contro il Barcellona; alla Nazionale ed al calcio italiano tutto, stante l’accordo con il New York City sottoscritto per concedersi un’esperienza di vita a fine carriera.
8205 I giorni trascorsi tra l’esordio tra i professionisti e il ritiro: 22 anni, 5 mesi e 25 giorni nel corso dei quali il palato dei calciofili è stato esaltato dalle bollicine della rinomata cantina Andrea Pirlo, tra le poche italiane in cui l’accostamento dei termini calcio e champagne è stato pressoché obbligato.
Foto: vivoazzurro.it