Era scritto, esattamente da quando lui - il magnifico Pep - decise di salutare il Barcellona, irrevocabilmente. Era scritto che sarebbe scattata la corsa a Guardiola: questione di tempo, di settimane o di mesi, ma si sarebbero avvicinati. Con la stessa forza, con la medesima eccitazione, di un arcobaleno che scatena mille pensieri colorati. L'anno sabbatico, la profonda riflessione, come no? Ma anche la consapevolezza che i corteggiatori molto presto avrebbero fatto capolino. Eccoli. Sono almeno tre: Chelsea, Manchester City e Milan, in rigorosissimo ordine alfabetico. Cerchiamo di capire come, quando e perché. Partendo da un presupposto: per Pep non sono importanti i soldi di ingaggio, in banca ne ha una valanga. Meglio ancora: non sono importanti soltanto quelli. Conta il resto, non è un contorno. Conta parecchio l'idea di lavoro che gli offri. Se non è una cantera, per quella ci vuole tempo, deve essere un piano che preveda gente assolutamente compatibile con le idee di Sua Maestà. Perché, diciamolo chiaro e forte, non esiste allenatore migliore al mondo senza gli interpreti che ne valorizzino le spettacolari, quindi geniali, idee.
In principio fu il Chelsea, primo club ad accostarsi a Guardiola. Con una motivazione: troppo forzata la conferma di Di Matteo, figlia di una Champions conquistata come neanche loro sanno, per pensare a una decisione da lungo ciclo. E quindi ecco la ricerca immediata di una guida che trasmetta ad Abramovich la voglia di tornare sul mercato con il desiderio di spendere e spandere. In Inghilterra danno Pep a pochi passi dal Chelsea: in realtà la parola fine, che di solito coincide con il nero su bianco, va ancora scritta. La fase di perlustrazione non è ancora finita.
Non è recentissima la candidatura del Manchester City, ma ha acquisito forza dopo la mossa di Mansour. Quale mossa? Dentro Beguiristain, ex mente del Barcellona che a Pep è legato da profonda stima. Lo sceicco vuole cambiare metodi, ha bloccato abbastanza il mercato di luglio e agosto, si avverte ancora oggi l'eco delle insoddisfazioni di Mancini. E questo pressing può portare presto a un passaparola: Guardiola a tutti i costi. E tutti i costi per Mansour non sono un problema, se li accolla volentieri. Difficile pensare che l'ansioso Robi da Jesi possa sfuggire alla mannaia dell'eventuale, a questo punto molto probabile, seconda eliminazione consecutiva dalla fase a gironi della Champions. Dicono che non gli basterebbe vincere nuovamente la Premier, il signor Mansour avverte l'eccitazione di una campagna europea. Vincere? No, almeno lottare. Oggi neanche si lotta: due tonfi di fila non sarebbero argomenti a favore di Mancini, a prescindere da un contratto lungo e oneroso.
Non tanto all'improvviso spunta il Milan. Già, perché Pep è un vecchio refrain di Berlusconi, da sempre molto sensibile nei riguardi di chi garantisce "bel giuoco" e trofei da depositare in bacheca. La visita milanese del fratello è un indizio, non uno scandalo. In fondo, se ne può parlare. E c'è chi giura che Berlusconi lo abbia già fatto direttamente, poco tempo fa, in un ristorante non troppo lontano da Milano: ci sono i testimoni che avrebbero visto la mega scorta per tutelare quel riservatissimo summit. Sarà, ma intanto non è importante smentire. È più importante capire quanto e come il Milan possa dare le necessarie garanzie, con un profondo investimento magari propiziato da nuovi capitali in società. Guardiola ama l'Italia quanto se stesso, a un club così prestigioso non direbbe no. Ma perché dica sì bisogna fare in fretta: il famoso periodo di perlustrazione presto finirà. E ci sono due colossi d'Inghilterra sulla stessa preda.
Musica, maestro: qualcuno, prima o poi, ballerà con il brano preferito in sottofondo. Tanta voglia di Pep.