"Toglietemi tutto, ma non il mio Tucu", parafrasando lo storico tormentone pubblicitario potrebbe sintetizzarsi così il pensiero dell'Inzaghi biancoceleste. Ci riferiamo naturalmente a Joaquin Correa: il dodicesimo uomo della Lazio, il dodicesimo titolare, il dodicesimo ideale per qualsiasi tecnico dal momento che quando viene impiegato, sovente a gara in corso, riesce sempre ad accendere la luce. Serpentine, cambi di passo, accelerazioni che sparigliano le carte destabilizzando gli avversari. Ieri il Tucu è entrato al San Paolo dopo l'intervallo, sul parziale di 2-0 a favore del Napoli, ed ha rispettato appieno le attese: l'assist al bacio per Ciro Immobile alla fine è servito soltanto ad accorciare le distanze, ma è arrivato a suggello dell'ennesima esibizione del repertorio di casa Correa.
Per Joaquin si è trattato della 19a presenza nella corrente Serie A su 20 complessive, 13 delle quali da sostituto: sì, entra di default, lo sanno bene anche i fanta allenatori che non mancano mai di schierarlo. Sin qui il 24enne jolly offensivo argentino, tornato in Italia dopo il biennio al Siviglia seguito all'esperienza alla Samp, ha raggranellato 889 minuti in campionato, con 3 gol e 4 assist all'attivo. Rispetto all'annata trascorsa sotto la Lanterna, Joaquin è cresciuto tantissimo in termini di continuità di rendimento, i colpi mai sono stati in discussione. La Lazio ci ha puntato pesantemente: raramente Lotito e Tare investono 15 milioni più 3 di bonus (cifre certificate) per un acquisto, quando lo fanno è perché sanno di poter realmente mettere la mano sul fuoco. Vedremo se Inzaghi riuscirà a trovare stabilmente l'alchimia tattica per farlo coesistere con Luis Alberto, di certo sarebbe un toccasana sia per la rincorsa Champions che per la fase ad eliminazione diretta dell'Europa League (2 reti e 1 assist nel girone per Joaquin). El Tucu Correa, l'imprevedibilità al potere, si candida a recitare un ruolo sempre più da protagonista.
Jody Colletti