La sincerità spesso non esiste, eppure dovrebbe essere il principale cavallo di battaglia. Balza evidente una profonda differenza tra Inter e Juventus prima della svolta bianconera della scorsa estate con l’avvento di Giuntoli. Partiamo dall’Inter: Darmian e Acerbi sono arrivati per noccioline (circa tre milioni a testa), Sommer per qualche nocciolina in più (sei milioni) in rapporto all’enorme rendimento, Calhanoglu e Mkhitaryan a zero, esattamente come Thuram e in precedenza De Vrij. Nello stesso lasso di tempo, fino allo scorso giugno, la Juve ha bruciato de Ligt (se l’è fatto ripagare bene, ma l’olandese aveva chiesto di andar via per divergenze tattiche), ha rivenduto Kulusevski, ha speso una cifra enorme per Locatelli, ha avallato le richieste dell’allenatore per Pogba, Paredes e Di Maria (sappiamo com’è finita, percorso netto...), ha investito cifre mostruose per Vlahovic e stiamo qui addirittura a chiederci se è pronto oppure no per una super partita come quella di qualche settimana da Milano. Ma può un allenatore dire di un attaccante costato una tombola che forse non è pronto? Da un lato il lavoro di Inzaghi su investimenti obbligati e a zero con profonda valorizzazione del materiale umano. Dall’altro le difficoltà di un altro allenatore (Allegri) su richieste sue precise e all’interno di una missione poco funzionale dell’ultimo Paratici, poi Cherubini, quindi Manna. Una differenza abissale: perché non essere sinceri piuttosto che nascondere la polvere sotto il tappeto per essere più amico di tizio o di caio e non urtare la suscettibilità? Un’ultima cosa: riteniamo incomprensibili, per non dire altro, le recentissime dichiarazioni di Allegri, ci riferiamo alla conferenza stampa di ieri (forse la peggiore dal giorno del suo insediamento) alla vigilia di Verona-Juve. Dal punto di vista di Allegri non è frustrante non conquistare trofei con la Juve, quasi come se fosse un modo per mascherare il percorso “netto” di zero titoli da luglio 2021 quando è tornato sulla panchina bianconera. Ricordiamo che Sarri è stato frettolosamente liquidato dopo uno scudetto, l’ultimo della Juve, e che Pirlo è stato quasi lapidato malgrado avesse portato due coppe. Allegri dovrebbe non calpestare la storia, magari confondendola con la geografia, e ricordare l’unica cosa che conta. Voce del verbo vincere, a maggior ragione se alleni la Juve. Ma poi lo aveva detto lui, non troppi anni fa, facendo la distinzione tra gli che allenatori che vincono e “quelli che mai vincono”. E aggiungendo un po’ di ironia (chiamiamola così) nei riguardi di chi non vince, con la platea ai suoi piedi. Adesso - siccome è all’asciutto - il panorama cambia, incredibile. Ma se Max dovesse avere qualche dubbio, chieda a milioni di tifosi bianconeri quanto sia stato insopportabile trascorrere 32 mesi - da luglio 2021 - senza arricchire la bacheca. La frustrazione, appunto. Senza un gioco leggermente moderno, adeguato ai tempi: qui la frustrazione (dei tifosi) aumenta e non si ferma più...