Diceva Arrigo Sacchi: “Il calcio è la cosa più importante tra le cose meno importanti”. Deve averlo pensato anche Mergim Vojvoda, uno che nella sua vita ne ha viste di cotte e di crude e che ora, al pallone, ha affidato il suo riscatto personale. A 25 anni, il nuovo acquisto del Torino (quattro anni di contratto) si è fatto le spalle larghe ancor prima di calcare i campi di calcio, avendo vissuto sulla propria pelle la guerra del Kosovo. Stenti, fame, paura, le bombe che piovono dal cielo: è la guerra, purtroppo. Prima la fuga in Germania, poi il rientro forzato in patria, e ancora la prigionia di padre, fratello e sorella in Repubblica Ceca. Un incubo a cielo aperto: “Abbiamo vissuto nei boschi per alcuni mesi per sfuggire alle bombe, abbiamo lottato contro la fame e la sete. Dormivamo sotto le stelle”, ha raccontato Vojvoda, che ha trovato la salvezza sua e della sua famiglia in Belgio, il Paese che gli ha regalato una seconda possibilità. In confronto a quello che ha già vissuto, per il terzino destro dovrebbe essere una passeggiata stare sul prato verde. Cresciuto nelle giovanili dello Standard Liegi, che a diciotto anni gli ha regalato il primo contratto da professionista, tra il 2014 ed il 2016 la gavetta in prestito al Sint-Truiden e al Carl Zeiss Jena; poi la cessione al Mouscron, prima di tornare l’anno scorso allo Standard. Con il club belga 33 presenze e una rete, mentre per la sua Nazionale allenata da Challandes è già un riferimento. Piccola curiosità: Vojvoda vanta anche nove presenze nell'U21 dell'Albania, ma al momento di scegliere il cuore ha detto Kosovo. Il presente ora si chiama Torino, per una duplice missione: raccogliere l'eredità di De Silvestri e dimenticare la guerra.