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VOTA ANTONIO

05.09.2014 | 22:18

Il Codice Conte, pochi giorni per capire. Neanche il tempo di tre o quattro allenamenti, forse cinque e anche se fossero stati sei il discorso non sarebbe cambiato di una virgola. Neanche il tempo di insediarsi nel Club Italia che subito ci sono stati i riscontri più veloci della luce e forse della storia. Riscontri tecnici, tattici, motivazionali, umorali. In ogni caso essenziali perché Conte è questo: quando lo coinvolgi, lui accende l’ambiente con un cerino. Parla di uomini prima e di calciatori poi, non fa sconti, non si piega alle primedonne. Anzi, più sono primedonne e più forte è il rischio che la convocazione la vedranno con il lanternino.
Il Codice Conte, rigorosamente. A livello tecnico o tattico tutto preparato al millimetro. Su quel lancio di Bonucci che ha mandato Immobile nella prateria per il primo gol agli olandesi in molti hanno rivisto schemi studiati e ristudiati in casa Juve. Schemi impostati nei dettagli minuto per minuto fino a collezionare ore di lavoro con la innegabile soddisfazione di avere un ritorno sul campo. E quando sul velo di un attaccante ci sono le avvisaglie di una superiorità numerica, anche in quel caso pensi al lavoro di un commissario tecnico che intende essere rivoluzionario in tutto e per tutto. Conterà poco, anzi pochissimo, ma Prandelli le aveva perse quasi tutte le amichevoli. Mentre vota Antonio ha sfoderato una prestazione da urlo, vittoria compresa, contro l’Olanda. Chi è da sempre attento alle vicende azzurre giura che ha corso più Zaza in trenta minuti che Balotelli nelle ultime sette-otto apparizioni spesso svagate e prive di contenuto. Un primo tempo così, concreto e ricco di geometrie purissime, è una cartolina con non troppi riscontri nell’era Prandelli. Certo, è poco, non è tutto, inutile allargarsi troppo e fare trionfalismi, la strada è lunghissima. Ma se oggi è costretto ad ammetterlo anche chi per Cesare si sarebbe buttato nel fuoco e lo ha difeso anche dopo un Mondiale disastroso, evidentemente si tratta dell’evidenza dei fatti.
Il Codice Conte e quella frase “dobbiamo essere speciali”. Sì, speciali perché se tu scegli la routine, come quell’impiegato che timbra il cartellino all’ingresso e che non vede l’ora di andar via dopo dieci minuti, evidentemente mai potrai sperare di essere scelto. Affogherai nella tua mediocre esistenza, qualsiasi possa essere il club di appartenenza. Se Conte ti sceglie è perché ti ha testato. E se continua a sceglierti è perché gli hai dato più di qualcosa, sei rimasto sempre sul pezzo, non ti sei sentito appagato, non hai cercato alibi o scuse. In fondo, aveva ragione chi sosteneva che ci saremmo preparati a un nuovo ciclo ricco di emozioni forti. Le stesse che l’Italia non vive da tempo e che sembravano ormai appartenere a lontani, sbiaditi e irrecuperabili ricordi.
Il Codice Conte: seguiamolo alla lettera, ne vale la pena. E’ una strada collaudata, la scorciatoia migliore per saltare gli ostacoli. E per riprenderci una competitività da troppo tempo occultata. Vota Antonio, sarà difficile pentirsene.