Weah: “Giocare in Serie A è una mia ambizione, il Milan sarebbe un sogno”
Timothy Weah, classe 1999, attaccante del Lille e figlio di George, ex centravanti del
Milan, ha parlato in esclusiva a '
SportWeek'. Ecco le sue parole:
"Sono ambizioso di natura e ogni stagione la affronto con l’idea di fare qualcosa di grande. Per mentalità penso solo a vincere, ad arrivare per primo. In più lo scorso anno avevamo la squadra giusta per fare qualcosa di incredibile". I suoi modelli: "Il mio obiettivo è diventare uno dei più grandi attaccanti al mondo, come Romelu Lukaku, Edinson Cavani: voglio segnare tanto, fare assist, sfruttando la mia velocità. Ultimamente ho segnato meno, ma lavoro per migliorarmi. Imparo ogni giorno, tappa per tappa. Posso giocare su tutto il fronte d’attacco, anche se ho una preferenza per un ruolo da punta, da trequartista, da esterno a sinistra, più che a destra, dove invece gioco più spesso in questo ultimo periodo. Ma il calcio moderno richiede polivalenza".
Sui suoi idoli: "Ronaldo è uno dei migliori giocatori della storia. Ma mi ispiro anche a Lionel Messi, Neymar, Cavani. Però il mio idolo assoluto rimane papà perché ha avuto una carriera fantastica. Me ne resi conto un giorno da bambino: facevamo shopping e fummo assediati dai tifosi che gli chiedevano foto e autografi. Allora mi spiegò tutto. Così poi andai a rivedermi le sue partite su YouTube, a leggermi gli articoli su di lui. In un certo senso riscoprirlo sotto quel punto di vista fu uno shock, ma positivo. E comunque per me rimane solo il mio papà".
Sul papà George: "Mi farebbe comodo la sua potenza fisica in particolare. Spalle alla porta era davvero forte, anche tecnicamente. Se potessi, prenderei tutto, mi renderebbe tutto più facile".
Unico africano ad aver vinto il Pallone d'Oro: "Innanzitutto è una fonte di ispirazione, un esempio che mi stimola molto. È normale che abbia vinto il Pallone d’Oro. Perché era fortissimo. Meno invece che non ci siano stati altri africani a vincerlo dopo di lui. E ce ne sono stati che avrebbero meritato, come Samuel Eto’o o Sadio Mané. Forse hanno pagato il fatto di essere africani. Il che dà ancora più valore al trofeo di mio padre, che resta un punto di riferimento per tutti".
Sulla Serie A: "Quello italiano è un campionato appassionante, con molte squadre che possono lottare per lo Scudetto: Milan, Inter, Juve, Roma. Magari non è più al top come la Premier League ma la Serie A lo è stata a suo tempo, come quando c’era il grande Milan di mio padre. Il calcio è ciclico, però il campionato italiano rimane lo stesso centrale a livello mondiale. Si, mi piacerebbe giocarci un giorno".
Su Maignan: "Con Mike parlo spesso di Milan. Mi dice che si trova benissimo con i tifosi e che la città è fantastica. Ma mi sento anche con Rafael Leao, Fikayo Tomori, tutti miei amici. Il Milan è una bella squadra. Di Serie A parlo anche con Weston McKennie che si sta godendo questo periodo alla Juve. Come con Moise Kean, un altro pazzerello, che incrocio sui campi da quando avevamo 13 anni".
Sul giocare un giorno nel Milan: "Naturalmente sono focalizzato sul Lille, ma è sempre stata una mia ambizione giocare un giorno in un grande campionato come la Serie A e in particolare in un grande club come il Milan, che in fondo fa un po’ parte della storia della mia famiglia".
Sul piacere che avrebbe George Weah nel vederlo in rossonero: "Non me ne parla mai apertamente, ma quando ero bambino c’era l’idea che andassi a giocare nelle giovanili rossonere. Le cose sono andate diversamente, però magari al Milan arriverò lo stesso. Nel calcio le cose vanno veloci, e non si sa mai".
Il peso di aver un padre così: "Mi ritengo una persona equilibrata, calma. Per me chiamarmi Weah non è un peso: è il nome della mia famiglia. Gioco anche per fargli onore. Il fatto che papà sia stato una star internazionale e che oggi sia un capo di Stato, non conta. Per me, rimane il mio papà. Lui ha fatto una carriera straordinaria, spetta a me continuare quel percorso, come magari poi toccherà a mio figlio se mai vorrà diventare calciatore. Se mi mettessi a pensare al passato di papà, diventerebbe tutto problematico, così preferisco concentrarmi sul mio calcio, dare il massimo, migliorarmi e godermi ogni momento in campo".
Sul razzismo: "Tutti potrebbero darle la propria ricetta, ma uscire dal terreno di gioco è giusto, perché è un gesto che trasmette un concetto di unità, senza alcun distinguo: siamo tutti una grande famiglia. Nel 2022 non ci può essere spazio per il razzismo. Anche se ho l’impressione che nell’ultimo anno ci siano stati meno episodi discriminatori, se non cambiano le cose nella vita di tutti i giorni, non cambieranno nel calcio. Sono stato fiero di Kylian Mbappé che nel 2020 fece interrompere la gara di Champions contro il Basaksehir, rientrando negli spogliatoi. Come lo sono stato quando lo fece il Milan in segno di solidarietà verso Kevin-Prince Boateng".
Foto: Sito Lille