ZINCHENKO, UNO DA CITY
Nel
Manchester City delle stelle, di quei
world-class players che Guardiola ha la
colpa di allenare, come se Pep
a causa del suo indiscutibile genio dovesse dimostrare di poter vincere tutto con sedici mestieranti adattati a calciatori per qualche sera, c'è un elemento che non è nato con le stimmate e/0 l'appeal del predestinato, ma che ha probabilmente pochi eguali nell'assorbimento delle sublimi indicazioni tattiche dell'allenatore catalano: parliamo di
Oleksandr Zinchenko. La partita - meglio: la
prima di una mostra d'arte nel museo dell'Etihad - giocata ieri tra
Citizens e
Real Madrid, ha confermato l'oramai nota impressione di essere al cospetto di un intelligente e qualitativo pretoriano al servizio del gioco, strumento con il quale ha liquefatto il proprio ruolo (ennesima controprova di come, nel calcio odierno, etichettare sia un allenamento per i miopi) in un dinamismo tecnico-tattico che lo rende assolutamente confacente al modello di gioco del sodalizio inglese. Rilievo critico necessario: nel primo gol di Benzema c'è una situazione di poca reattività da parte del classe '96, ma contro questo
Karim The Dream è quasi inevitabile pagare dazio. Dopodiché, nella prestazione dell'ucraino c'è tutto ciò che l'ha reso importante e coinvolto quando chiamato in causa: teoricamente è un terzino sinistro, praticamente si presta a funzioni associative per combinare e distribuire giocate più internamente (ancora una volta: cos'è il ruolo?), creando triangoli con Foden e De Bruyne, come capitato al 67', quando il numero undici viene liberato e messo nelle condizioni di servire Laporte, che non è un killer e fallisce la girata al volo. Convivere con le stelle menzionate in apertura, campionissimi o qualsiasi definizione simile è bello ma complicato, suggestivo ma pressante: farlo vuol dire saper stare a quel livello, ergo essere
uno da City. Foto: Instagram Zinchenko